Il primo programma dell’edizione 2021 dei Pardi di domani è un invito al viaggio. Un mix di generi, stili e tematiche che anticipano i molti percorsi che la selezione attraverserà da qui al termine del Festival.
Dal documentario all’animazione, dal film-saggio alle diverse declinazioni del cinema di finzione, tutti i film di questo programma ci colgono di sorpresa, ci stupiscono con l’inaspettato: una prospettiva che deraglia dal consueto, una rottura inattesa delle convenzioni e dei punti di vista abituali. Ognuno di questi film affronta di petto la realtà – sia essa storica, quotidiana, morale, artistica, privata – opponendo la fierezza di uno sguardo resistente alla brutalità del mondo.
Per inaugurare la prima edizione del nuovo concorso Corti d’autore, dedicato ai lavori brevi di registi già affermati, uno dei grandi nomi del cinema europeo contemporaneo: Radu Jude. Vecchia conoscenza di Locarno – Inimi cicatrizate (2016), The Dead Nation (2017) – e recente trionfatore a Berlino con Babardeala cu bucluc sau porno balamuc (Bad Luck Banging or Loony Porn, 2021), Jude ci regala Caricaturana, un progetto-sfida e un irresistibile sogno di cinema.
Jude s’incarica infatti di portare a compimento, rivisitandolo, un progetto mai realizzato di Ėjzenštejn: comporre i gesti di Robert Macaire – personaggio della cultura popolare francese che incarna l’imbroglione senza scrupoli – così come ritratti nell’omonima serie di litografie di Honoré Daumier. Jude combina il rigore della ricerca filologica con la sfrontatezza dell’approccio satirico, utilizzando l’immagine storica per commentare alcuni fatti d’oggi e confermando la potenza ferocemente idiosincratica della sua inimitabile voce autoriale.
Già celebrata per i suoi precedenti corti d’animazione, la regista slovena Špela Čadež stupisce ancora una volta con Steakhouse, presentato nel Concorso internazionale.
Fra le quattro mura di un appartamento fumoso, un marito affamato prende a cucinare impazientemente una bistecca lasciata a marinare a lungo. Ma la moglie ritarda, trattenuta in ufficio dai colleghi che decidono di festeggiarla con un party a sorpresa.
Mentre la cortina di fumo si fa sempre più spessa, quella che inizia come una storia apparentemente semplice diventa il racconto graffiante e narrativamente sorprendente delle ombre che si celano fra le pareti domestiche.
Un’animazione impeccabile, percorsa da una furia tanto raffinata quanto conturbante, al contempo spaventosa e divertente. Deliziosamente appagante.
Al centro di In Flow of Words (sempre nel Concorso internazionale), nuovo lavoro dell’artista e documentarista olandese Eliane Esther Bots, le voci di tre interpreti che prestano servizio al Tribunale penale internazionale per l’Ex-Jugoslavia.
Oltre le regole della legge, i rituali del procedimento giudiziario, la neutralità del servizio linguistico, e rimossa la campana di vetro che li vuole invisibili e distaccati, per la prima volta gli interpreti danno voce ai loro sentimenti e alle loro storie personali.
È così che il film propone un cambio di prospettiva radicale sull’elaborazione dei traumi della Storia, i crimini di guerra, le vittime e i carnefici del conflitto balcanico. Il risultato è un’opera di grande potenza formale, toccante, terrificante, emotivamente potentissima.
Prodotto dalla ZHDK di Zurigo, Es muss di Jumana Issa e Flavio Luca Marano inaugura il Concorso nazionale con un film dall’incedere implacabile.
È la storia di Silvia, una donna di mezza età che nel corso di un’unica giornata si vede licenziata ad un passo dalla pensione, viene multata durante un controllo stradale e infine messa da parte dalla direttrice del coro della chiesa, durante le prove del suo assolo sulle note dell’Ave Maria.
In un’escalation di inquadrature taglienti, la giovane coppia di registi monta e fa esplodere la tensione del racconto sfruttando al meglio una brillante intuizione dello sguardo: è possibile trovare ironia anche nei recessi della miseria umana ed è cosa buona e giusta celebrarla in un atto finale di silente, grandiosa resistenza.
Il programma si chiude con un’esplosione di irriverenza e follia cinematografica: il nuovo enfant prodige del cinema francese Alexis Langlois presenta nel Concorso internazionale Les Démons de Dorothy.
Una visione delirante: il mondo de Il mago di Oz popolato da amazzoni transessuali, un 8 ½ ai tempi del trash della serialità televisiva.
Dorothy è un’aspirante regista che non riesce a produrre il film dei suoi sogni: un’avventura queer in cui biker dai seni enormi dichiarano guerra al patriarcato. Gli echi di sirene del mainstream bussano alla porta e con loro si spalanca l’abisso di un incubo abbagliante.
Il talento a briglia sciolta di Langlois rielabora pulsioni sessuali, frustrazioni artistiche e i simulacri della cultura gay pop contemporanea al servizio di una sfavillante satira dell’industria cinematografica. Una caduta libera nei territori della creatività più sfrenata.
Eddie Bertozzi