Chocobar
di Lucrecia Martel
Argentina/Stati Uniti/Danimarca/Messico
Produzione
Rei Cine: Benjamin Domenech
Louverture Films
Snowglobe
Piano
di Lucrecia Martel
Argentina/Stati Uniti/Danimarca/Messico
Produzione
Rei Cine: Benjamin Domenech
Louverture Films
Snowglobe
Piano
Lucrecia Martel, regista argentina dalla fervida immaginazione, descrive la sua prima opera di non-fiction come un “documentario ibrido e creativo” che racconta l’assassinio dell’attivista indigeno Javier Chocobar, avvenuto per mano di un proprietario terriero bianco. Dopo dieci anni di ricerche, Chocobar si trovava in una fase cruciale quando la produzione è stata interrotta.
– Nicholas Elliot, Comitato di selezione
Rapado (1992) è stato presentato per la prima volta a Buenos Aires nel 1996. Ne avevo sentito parlare da amici che ci avevano lavorato, un grande privilegio in un’epoca in cui i giovani non giravano film. Ancora prima di averlo visto, il film era diventato una pietra miliare per noi, interessati com'eravamo a raccontare storie con il cinema. Così ho deciso di andare alla proiezione e, per la prima volta, non ho percepito l’estraneità del cinema, ma una sensazione di vicinanza generazionale, pronta a cedere il passo a uno sguardo più intenso ed elaborato sul mondo. Ed era un mondo che, finalmente, somigliava alla realtà, senza tuttavia imporre una mediocre idea di realismo. Le intenzioni dei personaggi incespicavano e le conseguenze delle loro azioni svanivano. La sessualità perfetta che io non riuscivo a vivere nella vita privata e che i film invece raccontavano immancabilmente in Rapado non c’era e la sua bellezza veniva proiettata sulle persone più eccentriche e bizzarre. La gente diventava interessante. La vita non epica era un’avventura straordinaria. E lo stesso valeva per la lingua.
Anni dopo, ho conosciuto Martín Rejtman a un festival dove presentava il suo secondo film, Silvia Prieto (1999), e gli ho subito chiesto di quel modo speciale di parlare che hanno i suoi personaggi. Mi ha risposto con un’affermazione che non potrei confermare: «L’inglese parlato nel cinema nordamericano è un’invenzione, una lingua che non si parla da nessuna parte». Forse non ha detto esattamente così, ma era di certo quello che dovevamo fare noi: inventare lo spagnolo per il cinema. E lui l’ha fatto. Martín ha testato la sua invenzione in Rapado introducendo i suoni che annunciavano l’arrivo di una nuova generazione di registi. Ho scelto questo film perché è meraviglioso. Ma anche per condividere la convinzione di Rejtman, che adesso è anche la mia: bisogna inventare il suono dei personaggi.
– Lucrecia Martel