Non sorprenderà sapere che il percorso interdisciplinare che ha condotto Rugilé Barzdžiukaitė a questo suo lungometraggio di debutto ha attraversato non solo la videoarte e il documentario, ma anche le arti visive e soprattutto il teatro. Unendo in una combinazione originale installazione, documentario naturalistico e commedia surreale, tra Richard Attenborough, Hitchcock e Jacques Tati, Acid Forest istituisce un bizzarro dispositivo il cui scenario è un lunare paesaggio boschivo devastato dagli escrementi di una colonia di cormorani, divenuto improbabile attrazione turistica, e al cui centro è collocata una piattaforma destinata al birdwatching. Qui i turisti che si susseguono con comico effetto ripetitivo, giunti per ammirare l’eccezionale scempio orchestrato dalla natura, diventano con un felice capovolgimento loro stessi oggetto della curiosità di noi spettatori, come attori su un palcoscenico, anche grazie all’efficace spaesamento generato dall’incongruenza tra la distanza dalla quale sono filmati (mai la definizione bird's-eye view ha avuto più senso), e la prossimità delle loro voci, captate dai microfoni installati sulla piattaforma. Mentre i turisti frettolosamente si affacciano e perplessi ripartono, e noi ci immergiamo nell’orchestrazione visuale allestita da Barzdžiukaitė, gli impassibili cormorani sanno che albero dopo albero, guano su guano, alla fine l’avranno comunque vinta loro.