Chi è Roberto Flórez? Per Ana solo un amico di famiglia, una fotografia fuori fuoco che lo ritrae sorridente insieme a suo padre Juan Gutiérrez. Per Juan prima un amico fraterno che fu il suo braccio destro durante la difficile opera di mediazione, di cui era responsabile, fra lo Stato e la guerriglia basca; poi un mistero, un fantasma, la cui improvvisa sparizione coincise con la sua uscita di scena politica. Per lo Stato un uomo dei servizi segreti, un infiltrato e infine un traditore. Ana Schulz, esordiente alla regia insieme al montatore Cristóbal Fernández (Mimosas di Oliver Laxe), decide di ricostruire la storia e di far incontrare i due vecchi amici, ma la cosa è più pericolosa di quanto sembri visto che Roberto è in carcere con una condanna a nove anni. Il film stesso, che si dipana con ironia e inquietudine, ne risente, inventando una struttura paranoica che fluttua tra home-movie, inchiesta, thriller, spy-story, documentario. Cosa è reale e dove inizia la finzione? O è la realtà stessa un gigantesco complotto di cui tutti facciamo parte? E perché Juan, l’unico a dover davvero chiedere conto a Roberto, non sembra in cerca di vendetta? La storia politica della Spagna passata e recente - Mudar la piel sembra infine alludere a questo - resta irrisolta e ancora tutta da scrivere.