News  ·  07 | 08 | 2018

Manila in bianco e nero

Maynila: sa mga kuko ng liwanag (Manila, in the Claws of Light) - Piazza Grande

Titoli di testa. Immagini di una città al risveglio. Gente ordinaria si avvia al lavoro, le saracinesche si alzano, qualcuno apre gli occhi in un angolo. È Manila, Manila in bianco e nero. Poi all’improvviso uno zoom, il volto di un ragazzo fermo in strada che guarda verso l’alto. Il bianco e nero diventa colore. È l’indimenticabile inizio della tumultuosa urlante storia di Julio, ragazzo di campagna giunto in città per ritrovare la sua amata Ligaya, partita prima di lui e forse scomparsa. Maynila: sa mga kuko ng liwanag (Manila in the Claws of Light) è il capolavoro con cui nel 1975 il cineasta filippino Lino Brocka, in piena dittatura di Marcos, fu capace di raccontare un popolo intero stretto fra povertà e lotte sociali, di filmare come mai nessuno prima l’assordante grido di questa metropoli, la polvere, il fango, le baraccopoli, la prostituzione, il mondo omosessuale, la lotta quotidiana per la sopravvivenza. Capolavoro che Locarno dedica a Pierre Rissient, amico e collaboratore del Festival scomparso di recente quest’anno, che letteralmente salvò il film consegnandone i negativi ricevuti direttamente dalle mani di Brocka al British Film Institute (e in seguito restaurati dall’intervento di Martin Scorsese/World Cinema Foundation, del Film Development Council delle Filippine e della Cineteca di Bologna). Tratto da un romanzo di Edgardo Reyes e illuminato dal grande Miguel De Leon, il film di Brocka è un’esplosione continua di immagini e di conflitti. La morte sul lavoro di un operaio diventa l’opportunità per sperimentare progressive velocità di montaggio; i flash-back di Julio dei giorni con Ligaya nel paese natale alzano il livello di visionarietà fino a trasformare la città in un’autentica allucinazione. Lino Brocka verrà sempre ricordato per questa capacità unica di mutare qualunque fattore politico in una possibilità poetica.