News  ·  09 | 08 | 2018

"Locarno è una splendida sorpresa"

Intervista a Isabella Ragonese, membro della giuria del Concorso internazionale

Isabella Ragonese è una delle attrici più eclettiche e di talento del panorama europeo. L’abbiamo intervistata tra un film e l’altro del Concorso internazionale del Locarno Festival. È una delle giurate che decideranno il Pardo d’oro di quest’anno. E ci ha raccontato cosa significa per lei.

La tua prima volta a Locarno. Qual è il tuo bilancio?

Da neofita, Locarno è una splendida sorpresa. Come città e come Festival. Trovo meraviglioso che questa diventi una città di cinema, con questa piazza che è fantascientifica, lo schermo e il proiettore sembrano astronavi scese qui per regalare qualcosa di magico. E poi la partecipazione: migliaia di persone, appassionate di cinema, che rimangono lì anche sotto il diluvio, che diventa quasi una doccia emozionale. In tempi in cui si parla di un pubblico ormai disinnamorato, è un’iniezione di fiducia, bellezza, energia.

Non è la prima volta che fai la giurata di un festival internazionale. Come interpreti questo ruolo?

È affascinante e raro potersi fermare a riflettere su quest’arte, a parlare della propria idea di cinema. Farlo dentro una giuria così bella ed equilibrata, piena di talenti diversi, è ancora più entusiasmante e motivante. Io provo a non perdere l’animo della spettatrice, quella che mi fa discutere di un film anche per un’intera serata. E l’elemento collettivo di questo giudizio è una bella esperienza di condivisione.

Come Locarno, hai sempre viaggiato tra il mainstream e il cinema indipendente, dai grandi maestri agli esordienti.

Locarno è da sempre in me, è vero, abbiamo in comune la curiosità, la voglia di essere sempre altro, di cercare il mainstream come il cinema d’autore. #JesuisLocarno: condividiamo lo stesso spirito, dal pop al cinema indipendente. Il motivo è sempre lo stesso: parto sempre da spettatrice e cinefila, come nella musica anche nel cinema sono onnivora. Quando si amano queste arti, non ci sono limiti. Alla fine scelgo sempre ciò che vorrei vedere. Indipendentemente dal genere, dal budget, dal curriculum dei registi. Non amo le etichette, desidero arrivare a più pubblici possibile. Penso al teatro: è stato bellissimo portare per la prima volta a vedere una pièce spettatori di cinema. È l’idea del viaggio permanente, del movimento, alla base di un festival come Locarno. Un viaggio da fermi, un modo di visitare il mondo intero stando seduti. Magari al FEVI!

Sole cuore amore di Daniele Vicari è stato un turning point nella tua carriera?

È stato fondamentale per me, ma allo stesso tempo anche se certi ruoli ti cambiano, non devi mai sentirli come tali. Personaggi belli come Ely possono essere anche un blocco, puoi aver paura di non incontrarne più così. Invece ogni primo giorno di set è un inizio, un esordio. E questa magia non devi perderla, pur facendo tesoro della tua esperienza.

Kate Gilmore ha fatto alzare in piedi la Piazza Grande per i diritti umani. In questo momento, con il #MeToo, si sta lottando per quelli delle donne. A che punto siamo?

I movimenti che partono dal basso sono fondamentali. Non mi sono mai tirata indietro, da "Se non ora quando" a #MeToo. Ma in tempi di social, che io non conosco (non ho nessun profilo su alcuna piattaforma), appelli e dichiarazioni forse sono inflazionati. Conta molto di più l’esempio quotidiano: ad esempio rifiutare personaggi femminili accessori, che contribuiscono a una scarsa e sbagliata rappresentazione delle donne, maggioranza per quantità ma minoranza nella realtà. Bisogna lottare per uscire dagli stereotipi, come è successo per i nativi americani. Bisogna riacquisire un punto di vista femminile sulle cose, è un territorio vergine e inesplorato e quindi anche una grande opportunità narrativa e artistica. Qui a Locarno, per esempio, tutto questo lo vedo. E mi rende ottimista.