Se nel film il misterioso psichiatra e ossessivo collezionista di opere d’arte Ruben Brandt è alla caccia di 13 quadri celebri, sono infinitamente più numerose le citazioni e ispirazioni che Milorad Krstic raccoglie nel suo lungometraggio di debutto (e primo film ungherese in Piazza Grande nella storia di Locarno), in una bulimica e coltissima sarabanda figurativa che usa le più avanzate tecniche di disegno e modellazione digitali per ricollegare il cinema d’animazione alle sue nobili radici nella storia dell’arte e della pittura, da Botticelli a Hopper. Ma se biografie d’artista e documentari su pittori e musei sono sempre più correnti e apprezzati tra festival e sale, l’esperienza proposta da Ruben Brandt, Collector è totalmente diversa e originale: un’immersione totalizzante in un immaginario visivo stratificato che si nutre di pittura, design, architettura, letteratura, grafica e storia contemporanea, e ha per teatro i più celebri musei del mondo come Louvre, Orsay, Tate, Uffizi, Hermitage e MoMA, ma sceglie a sorpresa i ritmi del più appassionante thriller d’azione, con sequenze memorabili che mettono in gioco come se non bastasse anche l’immaginario cinematografico, dal pre-cinema a Tarantino. Insomma una doppia anima tra cinema di genere e raffinato collage citazionista, coerentemente con il tema del doppio che attraversa tutto il film, dalla citazione iniziale dello scrittore ungherese Frigyes Karinthy al ricorrente Double Elvis di Warhol, il quadro che completerà la collezione di Brandt. Krstic, nato in Slovenia ma che ha vissuto a Budapest dal 1989, è non solo regista (con il cortometraggio animato My Baby Left Me ha vinto l’Orso d’Oro a Berlino nel 1995) ma anche pittore, illustratore e scultore, e trasforma ogni scena, inquadratura, addirittura fotogramma in un palinsesto immaginifico di indizi e riferimenti: obbligatorio restare fino ai dettagliatissimi titoli di coda per scoprire quanti ne avrete colti!