Il futuro passa da qui. Non c’è cosa più bella di raccontare storie che riescono, che si scrivono così come le si era pensate. Storie che sono l’essenza del Locarno Film Festival, che parlano del futuro del cinema e dei cinema con le ossa più fragili.
È notizia di questi giorni che lo sguardo, l’attenzione e la vetrina operativa di Open Doors ha lasciato di nuovo un segno. L’Atelier de la Cinéfondation, la piattaforma con cui il Festival di Cannes promuove il cinema del futuro, ha scelto per l’edizione 2019, in programma il prossimo maggio nel corso della 72. edizione del Festival, tre progetti asiatici che l’anno scorso hanno mosso i primi passi a Locarno71. Tre progetti su cui Open Doors aveva scommesso, aiutandoli a crescere e a trovare la visibilità necessaria per diventare cinema: The Women, progetto birmano di The Maw Naing e Wakhri, progetto pachistano di Iram Parveen Bilal. A questi si aggiunge Kangling, di Fidel Devkoto, prodotto da Min Bahadur Bham, protagonista delle giornate di Open Doors 2016 con la sua casa di produzione e all’Open Doors Hub 2018 con un suo progetto di lungometraggio. Tra i 15 progetti selezionati da L’Atelier c’è inoltre anche New Dawn Fades, del turco Gürcan Keltek, in concorso a Locarno nel 2017 nella sezione Cineasti del presente con Meteor. Ma non finisce qui, perché sempre in orbita Festival di Cannes anche La Fabrique Cinéma de l’Institut français ha annunciato i dieci progetti selezionati e tra questi, per il Bangladesh, c’è Sand City di Mahde Hasan, prodotto da Rubaiyat Hossain, altro protagonista di Open Doors 2018.
Questo è il nuovo cinema asiatico, questo è uno dei più bei “domani” immaginabili per il cinema d’autore e questo - soprattutto - è il più bel significato di un Festival. Che si chiami Locarno Film Festival o Festival de Cannes.