News · 02 | 08 | 2019
News · 02 | 08 | 2019
Come si fa a passare da una tavola di 24 centimetri per 33 a uno schermo di 26 metri per 14? A riempire un foglio di 364 metri quadrati? Chiederlo a Lorenzo Mattotti innesca una danza serrata, ma dolce, tra i tratti lenti di un’illustrazione e i movimenti decisi di una sequenza. Maestro dei colori, fumettista, illustratore, domenica 4 agosto Mattotti invaderà Piazza Grande e il FEVI scortato dagli orsi, per la prima grande notte al profumo di Locarno72. Un Prefestival tra picchi rocciosi, abeti infiniti e valanghe ammaestrate. Un Prefestival in compagnia de La famosa invasione degli orsi in Sicilia, offerto al pubblico da Swiss Life. Nato tra le parole di Dino Buzzati, sbocciato tra le matite di Lorenzo Mattotti e vissuto nella voce di Andrea Camilleri, meraviglioso orso vecchio. «All’inizio, dovendo maneggiare un testo sacro come quello di Buzzati, avevo una paura terribile - racconta l’illustratore e regista - Almerina, vedova dello scrittore, aveva riposto la sua fiducia in me, ero completamente investito dalla responsabilità e volevo mantenermi assolutamente fedele al romanzo. Poi, piano a piano, mi sono accorto che sarebbe diventato un dialogo tra me e lui; invece doveva diventare un’opera con una vita propria, che potesse essere visto anche da chi non aveva letto il libro. È in quel momento che ho accettato di compromettermi e compromettere la storia, per arricchirla e risolverla. Alcuni nodi del romanzo non funzionavano, non accontentavano alcune logiche di cui un film ha bisogno. Così, grazie ad alcune idee brillanti e all’enorme bravura di Jean-Luc Fromental e Thomas Bidegain, gli sceneggiatori, abbiamo liberato il film».
A cosa non avrebbe mai rinunciato dell’opera di Buzzati?
«Al suo piacere di raccontare, all’entrare e uscire continuo del narratore, al suo rapporto con il pubblico, alle rivoluzioni e variazioni della storia».
Il romanzo però contiene anche illustrazioni del maestro Veneto. E quello è il campo di Lorenzo Mattotti…
«Credo che le sue immagini avessero bisogno di essere svelate, liberate, portate ai bambini. Sono state un’ispirazione ulteriore; nelle scale esagerate, negli spazi enormi abitati da personaggi piccolissimi. Molti dettagli sono suoi, come le nuvole che tagliano le montagne, alberi e abeti altissimi… tutto quello che poteva essere la sua idea grafica, e che potevo rubargli, gliel’ho rubato, creandoci attorno lo spettacolo. A un certo punto dei lavori Lorenzo Viganò mi ha mostrato alcuni suoi disegni inediti e devo dire che erano molto “mattottiani” (sorride, ndr); ne sono rimasto piacevolmente sorpreso, avevamo instaurato il dialogo giusto».
Cosa toglie e cosa aggiunge all’illustrazione l’animazione.
«Domanda cruciale, sono due mondi in contraddizione. Ho sempre avuto l’impressione che l’immagine in movimento privi l’illustrazione del mistero. L’immagine fissa ha una potenza enorme, quella di poter accogliere la proiezione dell’intero sguardo del lettore. Il movimento apre il velo e svela il mistero. E allora, vi domanderete, perché fare il regista? Perché per contro regala il movimento e spalanca lo spazio».
Rinuncia enorme, il mistero.
«Ho dovuto rinunciare a qualcosa a cui tengo molto. In realtà però si è trattato solamente di riuscire crearne un altro, di mistero. L’immagine fissa ha fascino e forza, svelandola bisogna staccarsi da questa idea e accoglierla come storia, movimento di camera, narrazione. La narrazione del movimento. Diventa spazialità, movimento dei personaggi, profondità di campo, variazione della luce. Diventa cinema! Alla mia équipe continuavo a ripetere “approfittiamo del grande schermo”. Bisognava esplorare il più possibile questa possibilità, lavorare su una parola essenziale, che mi hanno sentito ripetere in eterno: profondità. Avevamo un’occasione: andare oltre l’orizzonte».
Il mistero lo ha senza dubbio ritrovato nel finale, consegnandolo allo spettatore.
«Il finale che ci siamo portati dietro per tutta la lavorazione era un altro. Io però avevo in testa questo, lo custodivo, e a due mesi dalla fine ci siamo resi conto che quello su cui avevamo sempre lavorato doveva cadere. Perché spiegare così tanto? Il film racconta già una realtà infelice, quella degli orsi da una parte e gli uomini dall’altra; magari ne esiste un’altra, di realtà. Abbiamo voluto lasciare una possibilità alla nostra fantasia».
Alla fantasia degli ottomila della Piazza Grande.
«Quando mi hanno detto che il film sarebbe stato proiettato lì, in quella Piazza, ero felicissimo. Credo sia davvero il risultato che sognavo per lui, sarò emozionatissimo. A proposito di profondità, guarderò quella della Piazza, di tutta quella gente, e un po’ tremerò per lui. Sperando che si sappia difendere da solo».
Rivedremo Lorenzo Mattotti regista?
«Mentre realizzavo questo film ho pensato fosse perfetto per una serie TV, ma no. Con questo lavoro, che probabilmente è germogliato quando ho lavorato al Pinocchio di Enzo Dalò senza però poter lavorare alla produzione, ma solo alla preparazione, ho esaurito un sacco di cose. Sono 80 minuti che si portano via 5/6 anni della propria vita, non so se avrò ancora la possibilità e soprattutto la follia di farne un altro. Poi chi lo sa, se c’è una cosa che caratterizza la testa di un creatore è l’incoscienza».
Alessandro De Bon
Qui i biglietti per la serata, offerti a prezzo speciale.
Lorenzo Mattotti incontrerà il pubblico domenica 4 agosto alle 18 al RSI Spot in Rotonda.