Cosa sarebbe Hollywood senza gli outsider? Ben poco, a dire il vero. Lo dimostrano gli anni Settanta, resi grandi da un pugno di disadattati che avrebbero segnato la storia del cinema da lì in poi. Ma ancora più importanti sono quelli che nel sistema non ci sono mai entrati, o peggio ancora ne sono stati allontanati. Come successe a Blake Edwards, che per vendicarsi nel 1981 girò la più grande satira sulla mecca del cinema mai realizzata, S.O.B..
John Waters le major le ha conosciute quando aveva già sfogato tutti gli istinti più bassi, e da Cry Baby (1990) in poi ha realizzato con loro opere quasi normalizzate, cambiando abilmente il registro della sua dirompente sovversione per ribaltare il sistema dall’interno, imparandone i meccanismi per poterli erodere. Cecil B. Demented (2000) è la sua tesi di laurea sull’argomento. Sinclair Stevens, giovane regista terrorista e alter ego di Waters, interpretato da uno straordinario Stephen Dorff, è l’incarnazione di tutte le paure dell’omologata industria cinematografica statunitense, il cineasta assoluto che può fare a meno di agenti, publicist, executive, marketing. Ha bisogno solo di un manipolo di eroi, un’attrice pasionaria (Melanie Griffith, meravigliosa nel dare il colpo di grazia alla sua ingombrante immagine hollywoodiana) e la sua libertà d’espressione. Niente di più pericoloso e di più necessario, e l’uomo di Baltimora lo ha sempre saputo. E quanti ne servirebbero oggi di dementi come lui, nell’assurdo mondo contemporaneo. L’unico rischio è quello di non avere la stessa carica rivoluzionaria, perché in un mondo di pazzi, si potrebbe sembrare sin troppo sani.