News · 11 | 01 | 2020
News · 11 | 01 | 2020
In principio fu un orgasmo. Gira e rigira la storia di Zhannat torna sempre lì. Alla velocità di un momento, al piacere, al desiderio. Di condividere qualcosa, di girare un film, di doverlo fare in pochissimo tempo e di poterlo fare con un grande Maestro del cinema. O di un orgasmo. Perché d’altronde è a quello, alla scoperta del piacere “fuori tempo” che Zhannat Alshanova voleva arrivare con il suo cinema. Un cinema nato sotto la pioggia di una fredda valle locarnese e presto ospite dell'altrettanto freddo sole dello Utah. Paola Makes A Wish, il suo cortometraggio, è stato infatti selezionato per l'imminente edizione del Sundance, in programma dal 23 gennaio al 2 febbraio. Un cortometraggio che Zhannat, regista e produttrice kazaka, ha pensato e girato in una manciata di giorni, la scorsa primavera, durante il workshop con Béla Tarr, organizzato dal Locarno Film Festival, dalla Ticino Film Commission e dal CISA in occasione de L'immagine e la parola 2019. Esattamente come capiterà la prossima primavera agli otto giovani registi che insieme ad Alice Rohrwacher vivranno il nuovo workshop firmato L'immagine e la parola, Fiori.
Un anno fa invece il primo passo toccò proprio a Zhannat, la scorsa primavera, è stato dover raccontare al Maestro, a Béla Tarr, la sua idea. L'idea di un orgasmo. «Era il giorno dei colloqui individuali con lui - racconta Zhannat - ed ero la prima a incontrarlo, non sapendo se avessi dovuto preparare qualcosa. Mi ha chiesto subito che idea avessi per il mio film e così gliel'ho raccontata: una donna di oltre cinquant'anni che, non avendone mai provato uno, vuole sperimentare l'orgasmo».
E...?
«L'ha presa molto sul serio, abbiamo avuto una bellissima discussione. A ripensarci però, se qualcuno mi avesse detto che mi sarei ritrovata in una stanza a parlare di orgasmo femminile con Béla Tarr, non ci avrei mai creduto. In quell'occasione specifica e nel complesso è stata un'esperienza incredibile; ho incontrato persone fantastiche con cui spero di continuare a lavorare insieme».
Qual è stata la lezione, il consiglio più prezioso di quella settimana?
«Il contesto non era semplice, abbiamo vissuto una combinazione di tutte le limitazioni possibili: un giorno solo per scrivere la sceneggiatura, un giorno solo per girare con una troupe minuscola di 2-3 persone e con un equipaggiamento base. Una situazione del genere naturalmente genera ansia, ma poi capisci che a qualsiasi limitazione puoi trovare una soluzione grazie alla creatività; a prescindere da quanto tempo e quale budget tu abbia. In questo senso il consiglio più prezioso di Béla è stato: "devi essere felice, divertiti”. Un giorno poi mi ha preso da parte: "Zhannat, sei dannatamente impaziente! Devi imparare ad ascoltare i tuoi personaggi e poi lasciarli liberi di aprirsi, in scena».
Com'è stato vivere quell'esperienza al suo fianco?
«Terrificante e divertente allo stesso tempo. È molto duro, diretto, ma allo stesso tempo si percepisce una grande empatia, un grande amore per gli esseri umani e per il cinema. Sono immensamente grata di aver potuto vivere questa esperienza».
Una settimana per pensare e girare un corto è pochissimo tempo.
«In un certo senso è stato liberatorio perché non avevi il tempo di preoccuparti di trovare la location, l'attrezzatura, di selezionare il cast e la troupe migliori, di pulire la sceneggiatura... Devi prendere, andare e girare nel miglior modo possibile, il ché ti spinge ad essere il più deciso e chiaro possibile riguardo quello che vuoi dire».
E poi è arrivata la notizia della selezione al Sundance...
«Girare un film è un gran bel viaggio. Quando ti siedi in sala montaggio lo guardi centinaia di volte, diventi maniaco del più piccolo dettaglio, sposti tutto di un fotogramma in avanti, poi indietro, regoli gli effetti sonori... Passi attraverso ogni sorta di domanda esistenziale, dall'amore all'odio e viceversa. Non importa quanto tempo e impegno gli dedichi, non sai se il film avrà successo o meno, dunque è impossibile ridurre tutto al fatto che poi venga o meno preso ai festival. Quello che fai lo fai proprio perché ami quel processo e perché hai qualcosa che vuoi condividere. Chiaro, sapere poi che il tuo lavoro viene riconosciuto è una gioia immensa, e io non vedo davvero l'ora di condividerlo con il pubblico del Sundance».