Da una parte, c’è l’episodio biografico cruento che appartiene alla vita del regista. Dall’altra, la decisione da parte dello stesso regista di recuperare quel brandello drammatico di passato per trasformarlo in uno spunto per un film di finzione. Si muove così, proprio in quello spazio scivoloso che s’insinua tra la realtà e la sua ricostruzione attraverso un gruppo di attori, il film con cui Mohsen Makhmalbaf, sulla scia del miglior cinema iraniano del periodo, riesce a portare avanti una straordinaria riflessione sul cinema, visto come mezzo in grado di riscrivere la storia fino ad arrivare a una possibile cancellazione dei più radicati rancori. Già, perché a far nascere l’idea di Noon-O-Goldoon (A Moment of Innocence), menzione speciale al Locarno Film Festival del 1996, è prima di tutto l’incontro di Makhmalbaf con il poliziotto che due decenni prima lui stesso aveva accoltellato, ai tempi in cui era un militante contro il governo dello Scià e per cui passò anche alcuni anni in prigione. È lo stesso poliziotto, a sorpresa, a presentarsi al casting indetto pubblicamente in vista di un prossimo film. Così, servendosi di uno stratagemma da “cinema nel cinema” e appoggiandosi a uno stile documentaristico asciutto fino all'essenziale, Makhmalbaf porta realtà e finzione a stringersi in un abbraccio, non senza mettere in discussione il modo con cui viene filmato e realizzato. Una sorta di “riattraversamento recitato” di quell’evento lontano che spinge il cinema a interrogare sé stesso, il suo significato, ma soprattutto le contraddizioni che stanno alle sue radici, mentre i personaggi si muovono all’interno di una Teheran sfasata e sovrapposta nel suo diventare set cinematografico.
Lorenzo Buccella