Nell’agosto del 2007, per omaggiare il cineasta scomparso poco più di un mese prima, stroncato da un tumore all’età di sessant’anni, il Locarno Film Festival, coetaneo di Edward Yang, propose in Piazza Grande Yi Yi, l’ultimo film del grande regista taiwanese. Una proiezione che si ricollegava anche alla retrospettiva-anniversario del Festival, poiché nel 1987, alla quarantesima edizione della kermesse, Yang conquistò il pubblico di Locarno con Kong bu fen zi (The Terrorizers), il suo terzo lungometraggio in solitaria (l’opera prima In Our Time era un film collettivo), portandosi a casa anche un Pardo d’argento. Un film che fa parte del nuovo cinema taiwanese, allora in ascesa (due anni dopo il connazionale Hou Hsiao-sien vinse il Leone d’Oro a alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia), e che affascina ancora oggi con la costruzione da thriller che in realtà è un ritratto della vita urbana a Taipei, esplorata attraverso le storie incrociate di tre coppie, una delle quali include un fotografo le cui azioni sono dei chiari rimandi a Blow-Up di Antonioni. Il mistero si fa metafisico, e il senso di alienazione attraversa l’intera struttura geopolitica di un film calibrato al millimetro, la cui labirintica e ipnotica precisione, riproposta quest’anno all’interno del Viaggio nella Storia del Festival, è tra le prime vette di una filmografia fin troppo breve.
Max Borg