Dopo la grande vittoria con Mrs. Feng del 2017 lei torna idealmente a Locarno. Che ricordo ha del Festival e di quel suo film?
Ero molto felice di vincere il Pardo d’oro nel 2017. È stato uno degli incoraggiamenti più forti che abbia ricevuto come regista. I miei ricordi di quel momento rimangono vividi, è stato uno dei capisaldi della mia carriera.
Locarno è stato Festival che ha sempre mantenuto un feeling privilegiato con il cinema proveniente dall’Oriente e con la Cina in particolare. Come si spiega lei questo rapporto prolungato nel tempo?
Le opere di registi cinesi fanno parte di ogni edizione di Locarno, e naturalmente sono felice quando i miei film vengono mostrati e apprezzati. Locarno è un festival maggiore che ha mantenuto la propria purezza mostrando solo film creativi con meriti artistici e sostenendo le produzioni migliori di cineasti indipendenti. L’opportunità data a molti registi cinesi di portare i loro film a Locarno ha avuto un ruolo fondamentale nel rendere il cinema cinese più conosciuto a livello internazionale.
Con il suo sguardo lei ha sempre cercato di perlustrare gli angoli nascosti della società cinese. Nasce ancora da qui, per il nuovo film I come from Ikotun la volontà di raccontare un tema come la migrazione africana a Guangzhou?
Sto facendo un documentario a Guangzhou sulla vita dei nigeriani in quella città. Ho cominciato a lavorarci lo scorso ottobre, mentre la vita era più o meno normale, prima delle interruzioni da COVID. Storicamente la Cina è sempre stata una società per lo più monolingue e monoculturale, dove il cittadino medio aveva pochi contatti con persone di un’altra cultura o etnia e che parlano una lingua diversa. Con la globalizzazione e i rapporti economici che si moltiplicano vivremo inevitabilmente al fianco di persone che vengono da altre parti del mondo, compresa l’Africa. Mi sono reso conto che dovevo interessarmi alla questione. In quanto regista cinese, mi dovevo chiedere se i Cinesi saranno capaci di coesistere con persone di culture diverse che parlano un’altra lingua. Queste considerazioni erano alla base della decisione di fare il film. Spero di mostrare le interazioni tra cinesi e africani, e come potrebbero accettarsi a vicenda.
Come e quando l’arrivo dell’emergenza coronavirus ha interrotto la lavorazione del film?
Ho iniziato a filmare la storia di Kingsley tra ottobre e dicembre 2019, e sono tornato con lui a Lagos per filmarlo nel suo ambiente natio. Ci eravamo accordati per rivederci a Guangzhou, ma per via della pandemia non è potuto tornare, e ho interrotto la sua parte del film. Ad aprile, con la pandemia sotto controllo in Cina e la vita tornata più o meno alla normalità, sono andato di nuovo a Guangzhou e ho conosciuto una donna nigeriana, Evelyn, che aveva un figlio di sette anni e ne aspettava un altro. A causa della pandemia, sia le autorità che la popolazione locale non si fidavano di lei, le rendevano la vita difficile e la mettevano sotto pressione. Ho iniziato a filmarla mentre si organizzava per trovare un posto dove stare. Nessuno voleva aiutarla, a causa della pandemia, ma il nascituro era in arrivo e così l’ho aiutata con il cibo e le provviste, continuando a filmare fino al 17 luglio, il giorno del parto – il suo quinto figlio, una bambina. Dopo il parto, avendola aiutata a sistemarsi, ho smesso di girare, avendo esaurito il budget per le riprese. Sto aspettando che la pandemia finisca e Kingsley torni a Guangzhou, così posso continuare a filmare sia lui che Evelyn e completare il documentario che parlerà di entrambi.
È la domanda che facciamo a tutti: secondo lei come cambieranno il cinema e il fare cinema dopo l’esperienza della pandemia?
Ora sembra che avrà un impatto notevole. Prima della pandemia i rapporti economici generavano legami di fiducia e contatti frequenti tra persone e paesi. Adesso quei contatti si sono interrotti. Questo colpirà il mondo del cinema per un po’ di tempo, perché molti registi hanno dovuto sospendere i loro progetti. Penso che occorra continuare a creare legami di fiducia tra le persone in parti diverse del mondo, superare le interruzioni provvisorie di quella stessa fiducia che sono dovute alla pandemia e ricostruire i rapporti professionali, usando il cinema per aumentare al massimo la comunicazione e la fiducia reciproca. Quando la pandemia sarà finita avremo un bisogno urgente di affrontare queste sfide con certezza, consapevolezza e speranza.
Intervista a cura del Locarno Daily