Michel Robin se n’è andato a novant’anni. Una notizia che ci riempie di tristezza. Il pubblico, non solo svizzero, conserva negli occhi e nel cuore la sua magnifica interpretazione di Pipe nel film Les petites fugues di Yves Yersin. Presentato nel 1979 nell’ambito di Un certain regard al Festival di Cannes, prodotto dal Filmkollektiv Zürich, il film permette a Robin di conquistare a Locarno il Gran Premio della Giuria per la sua interpretazione nel medesimo anno. Uno dei momenti indimenticabili del nostro Festival.
Robin nasce nel 1930 e incarna alla perfezione quello che in francese si definisce “second rôle” nel gergo del cinema e che in italiano è noto come il “caratterista”, ossia l’interprete il cui volto lo si scopre nei film più disparati creando così subito una corrente empatica fra lo schermo e il pubblico. Che cosa sarebbe il cinema senza di loro?
Un attore di lungo corso, Robin. Instancabile. Membro della Comédie-Française, possedeva un timbro inconfondibile e un volto di quelli di cui si dice che sono fatti “per il cinema”. La macchina da presa doveva amare la faccia di Robin, perché riusciva a essere convincente in qualsiasi situazione.
Scegliere qualche titolo chiave della sua filmografia non è impresa facile. Come dimenticare, però, il ruolo dell’accusatore ne La confessione di Costa-Gavras? È con la Svizzera, però, che l’attore nato a Reims sembra trovare la sua dimensione creativa più consona. Nel 1973, al fianco di Claude Goretta interpreta L’invitation, film che conquista il Premio della Giuria al festival di Cannes. Robin ritroverà il regista svizzero due anni dopo con Pas si méchant que ça e ancora nel 1983 per il celebre La mort de Mario Ricci. Appare anche in alcuni campioni d’incasso transalpini come La capra di Francis Veber e Il favoloso mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet. Claude Chabrol lo convoca per Le cheval d'orgueil e Grazie per la cioccolata. Jean-Pierre Mocky lo vuole per Vidange. Appare anche nel magnifico Vous n'avez encore rien vu di Alain Resnais. Infine, come dimenticare che Robin ha lavorato anche con Jean-Paul Rappeneau, Jacques Doillon, Jacques Deray, Diane Kurys, Serge Gainsbourg, Arthur Joffé e moltissimi altri.
Ognuno di noi porta nella memoria un momento privilegiato della carriera cinematografica di Robin. Qui vogliamo ricordare due titoli che nel corso degli anni hanno acquistato l’aura del “film di culto”, come si dice nel gergo dei cinefili. Il primo, il sulfureo E non liberarci dal Male di Joël Séria, l’altro L’importante è amare di Andrzej Żuławski. L’ennesima prova di un talento attoriale che sapeva ritagliarsi spazi significativi, senza mai prevaricare i colleghi, anche quando la sceneggiatura prevedeva solo un… second rôle.
Giona A. Nazzaro