Guarda Spotted Yellow, di Baran Sarmad
Cosa significa questo premio per te?
«Innanzitutto avere di nuovo l’opportunità di mostrare il mio film a un pubblico internazionale è stato fantastico. Questo premio è prezioso per due motivi. Primo, il Locarno Shorts Weeks Audience Award è il miglior premio che potessi ricevere proprio da quel pubblico internazionale. Secondo, lo ricevo dal Locarno Film Festival, che mi è sempre stato molto caro perché è stato il primo a notare il mio film e la mia arte. Dopo aver partecipato al Festival, mi sono successe le cose più belle.»
Cosa ha significato partecipare a Locarno 2020, in un anno in cui il mondo si è fermato?
«Quando ho ricevuto la notizia dell'ammissione al Locarno Film Festival due anni fa, il mondo si era già fermato, e anche la mia vita personale, visto che ho perso mio padre a causa della pandemia. La notizia mi ha dato la speranza di andare avanti e penso che sia stato davvero importante che, nonostante tutte le difficoltà, il Festival abbia potuto svolgersi in forma ibrida.»
Cosa ricordi di quell'esperienza?
«L'arte è l'unica cosa che può rendere sereni i giorni difficili. Durante il Festival, ho vissuto una splendida esperienza guardando i meravigliosi film di altri registi. Ho costruito preziose relazioni, personali e lavorative.»
Due anni dopo, come rivedi il tuo film?
«Ho ancora gli stessi sentimenti verso Spotted Yellow. Nella mia testa ho ancora quella stessa immagine sognante che vidi e che trasformai in film. Ma penso che ci sia di più nella storia della vita di Roya, e un giorno potrei raccontarlo con un film su di lei.»
L'arte è l'unica cosa che può rendere sereni i giorni difficili. Durante il Festival ho costruito preziose relazioni, personali e lavorative.
Due anni dopo, come rivedi il tuo film?
«Ho ancora gli stessi sentimenti verso Spotted Yellow. Nella mia testa ho ancora quella stessa immagine sognante che vidi e che trasformai in film. Ma penso che ci sia di più nella storia della vita di Roya, e un giorno potrei raccontarlo con un film su di lei.»
Questi ultimi due anni hanno cambiato il mondo. Come è cambiato il tuo modo di fare cinema?
«Da un lato la pandemia ci ha dato l'opportunità di passare del tempo da soli e pensare, dall'altro ha causato problemi irreversibili. Ad esempio il budget per comprare cortometraggi e produrne di nuovi è diminuito significativamente e questo ha reso difficile il lavoro dei registi. Ma fa tutto parte delle nostre esperienze di vita. Spero solo che passi presto e che arrivi un'epoca migliore.»
Cos'è il cinema per te?
«È come chiedere "cos'è il mondo per te?". Penso che il cinema abbia un terreno vasto e illimitato e, come la vita stessa, può in qualsiasi momento prendere le sembianze di nuovi concetti e nuove forme. Io sento la profondità del cinema ogni volta che ne vivo un momento; come quando guardi un film e, all’improvviso, ti sembra di vivere i sentimenti di un attore, o una luce, o un suono. I film aggiungono qualcosa alla tua esperienza, alla tua vita, che non c'era prima. Quest'anno l'ho provato guardando Memoria di Apichatpong Weerasethakul.»
Che tipo di storie vuoi raccontare oggi?
«Anche il nuovo film che sto scrivendo parlerà della vita umana nel mondo moderno e della sua connessione con la natura. Riguarda il bisogno di liberarsi da strutture predefinite.»
A chi dedichi questo premio?
«Quest'anno è stato un grande anno per le donne registe nei festival di tutto il mondo. Credo che ci sia una nuova era del cinema in arrivo, quella delle donne registe. Perché ora abbiamo più opportunità di vivere diverse esperienze.»
Qual è il sogno di Baran?
«Il mio sogno è di vivere in un mondo di pace e di pari opportunità. Mi piacerebbe sperimentare il cinema senza restrizioni e senza preoccuparmi di questioni finanziarie e legali. Ci sono molte immagini e storie nella mia testa che mi piacerebbe trasformare in film.»