Tra i film mitici del cinema italiano non si può che annoverare L’armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli, fantasticheria su un Medioevo puramente immaginato, in cui l’invenzione comica messa nelle bocche di Vittorio Gassman e Gian Maria Volontè è un italiano vernacolare che strappa facilmente la risata. Il regista dichiarò che l’idea gli venne mentre sbirciava nei laboratori di CineCittà alcune scene di un film di Luigi Malerba e Antonio Marchi del 1955, intitolato Donne e soldati, non ancora uscito al cinema. E proprio Malerba, scrittore raffinato del Gruppo 63, che certamente con la lingua sapeva giocare in maniera arguta, scrisse successivamente Il Pataffio, un romanzo che ha molto da condividere con Brancaleone.
Il regista Francesco Lagi (accompagnato dall’attenta produzione di Vivo film), già attento rilettore di testi letterari tra cinema e teatro, si lancia nell’impresa di rimettere in scena questo apologo sul potere, perlopiù dimenticato nella letteratura italiana, che gioca con l’iconicità di personaggi grotteschi e situazioni paradossali. Il drappello capitanato da Marconte Berlocchio (uno straordinario Lino Musella, che si destreggia perfettamente nel cambio di toni del film) e dalla sua fresca sposa Bernarda (la lussureggiante Viviana Cangiano) diventa la farsesca rappresentazione di un potere che ormai ha perso ogni credibilità. E questo passaggio sicuramente si presta a una lettura sull’attuale scena politica italiana, investita dai populismi. Il finto nobiluomo è l’ingannatore ingannato che si ritrova come dote della ricca moglie non un prezioso feudo ma un mucchio di macerie, e non solo… a difenderle c’è il capo popolo (Valerio Mastandrea) che non è pronto a rinunciare alle sue cipolle. Poco influenzano i discorsi in latino del prelato (Alessandro Gassmann), meglio sono i ragionamenti del gabelliere (Giorgio Tirabassi), ma tra tutti sarà difficile fare i conti con la miseria, che si svela essere prima di tutto umana.
Girato come un manoscritto di miniature, la cui essenzialità si rivela anche una forza, il film ha la baldanza di una commedia, che sa farsi beffa di una lingua inventata che continua a farci ridere, ma progressivamente svela il suo versante amaro, quasi a sottolineare che di felicità si muore, mentre di fame si continua solo a soffrire.
Daniela Persico
Curiosità
La colonna sonora de Il Pataffio è del compositore e pianista italiano Stefano Bollani. Tra le sue tante opere, nel 2010 ha musicato The General (1916), di Buster Keaton.