Cominciamo dalla fine. Dalla citazione di un grande pioniere, riconosciuto come uno dei precursori del Cinema Novo brasiliano, Humberto Mauro: “Il cinema è come una cascata.” Ed è proprio nel flusso continuo di una delle cascate più alte del paese, il Salto Do Itiquira, che si conclude il primo lungometraggio dell’artista e cineasta sperimentale Ana Vaz. La regista è già nota nell’ambito internazionale dei festival e delle gallerie d’arte per i suoi corti e le sue installazioni. E quel vertiginoso e copioso effluvio d’acqua, che rimanda alla bellezza primordiale della natura ma anche all’eterno scorrere delle cose, chiude un film che completa una riflessione teorica che è alla base di molti dei lavori di Vaz.
Siamo a Brasilia, città modello, nata da un preciso progetto architettonico, capitale di un nuovo stato, che ha negato il suo cuore pulsante – la foresta con la sua inesauribile spinta a creare il respiro del mondo – per perseguire un lontano e ingombrante modello politico. Le ammalianti architetture si ergono come monumenti nel deserto, in un luogo dove l'uomo è solo apparso, la sua presenza è suggerita solo da poche luci nelle case e dalle macchine che attraversano autostrade con geometrie studiate. I protagonisti sono, invece, gli strani animali che popolano la – un tempo ricca – fauna brasiliana, gli strani formichieri, i gufi dallo sguardo fisso, la lontra scattante e i capibara pronti ad annusare il pericolo. Oggi si ritrovano dietro le sbarre dello zoo di Brasilia, dove vengono curati dai veterinari, pronti a raccogliere segnalazioni di eventuali intrusi in città. In questo spazio loro concesso, in cui l'elemento naturale è abituato a riprodursi, risorge la voce di quegli uomini a cui hanno strappato non solo le terre ma la loro origine culturale. Sradicati, come quei grandi felini che un tempo venivano portati a Brasilia per inaugurare uno zoo ricco di attrazioni, che riproduceva il modernismo delle forme di una città modello.
Nella giostra senza sosta di una città in crescita, il viaggio nel regno animale suggerito dalla regista libera lo sguardo di chi non ha mai messo in discussione la propria percezione del mondo, trovando una via di fuga che se non si scioglie nell'uscita dalla metropoli, si libera con il movimento verticale dell'acqua da cui tutto è generato.
Daniela Persico
Curiosità
Uno dei primi lavori di Ana Vas, il documentario breve A Idade de Pedra, è stato selezionato per l’edizione 2014 di Visions du Réel, Festival internazionale del cinema di Nyon.