Semret è una donna eritrea emigrata in Svizzera. Lavora all’ospedale di Zurigo e sogna di diventare un’ostetrica. È anche una madre single, pronta a tutto per dare a sua figlia Joe l’opportunità di una vita migliore; migliore di quella con cui lei si è dovuta confrontare in passato e la cui ombra continua ad estendersi sul presente. Semret vuole allontanare i fantasmi pesanti che si annidano nella sua memoria, lasciarseli alle spalle, pensando in questo modo di proteggere anche la figlia. Ma Joe è un’adolescente e, come tutte le ragazze della sua età, è inquieta, scostante e – soprattutto – bisognosa di risposte. La giovane incalza la madre a più riprese: vuole, deve saperne di più sulle sue origini. Ma la donna rifiuta sempre categorica, evasiva, quel confronto che sa di non poter rimandare per sempre. Così quando un’accusa le viene rivolta ingiustamente sul posto di lavoro, Semret comprende che è arrivato il momento di battersi per non perdere tutto ciò che ama, anche se questo significa guardare dritto negli occhi la propria storia personale. Caterina Mona, nata a Zurigo ma di origini ticinesi, è una regista già nota al pubblico di Locarno, dove nel 2015 ha presentato Persi nel Concorso nazionale dei Pardi di domani. Semret è il suo atteso debutto nel lungometraggio: una storia di migrazione, integrazione e ricerca delle radici. È un film che si inserisce con passo sobrio e preciso nel cuore pulsante di dibattiti contemporanei, sempre osservati con l’empatia di uno sguardo luminosamente femminile. Ma prima di tutto, Semret è un film su una madre e una figlia, su un rapporto naturalmente indissolubile che rischia di incrinarsi, messo alla prova dai traumi del passato e dalla pressione delle aspettative future. Un rapporto che deve necessariamente trovare il coraggio per affrontare i cambiamenti, che deve consolidarsi creando al contempo uno spazio vitale di emancipazione. È questa prospettiva che, oltre la specificità delle vicende rappresentate, fa di Semret un film veramente universale. La sua anima umanista è debitrice della vita vera, quella con cui la regista si è confrontata nel corso di lunghe ricerche e incontri personali che in seguito, abbracciati dalla finzione cinematografica, hanno dato forma e spessore alle vicende e ai personaggi del film. Fra questi, a dare anima e corpo alla protagonista è la presenza magnetica di Lula Mebrahtu, pioneristica artista multidisciplinare che qui risplende in una performance attoriale di enorme spessore umano e delicatissima grazia trattenuta.
Eddie Bertozzi