Sigurno mjesto (Safe Place) è l'attesissimo primo lungometraggio del regista croato Juraj Lerotić. Sono passati 12 anni da quando ha debuttato con il mediometraggio Then I See Tanja (2010), che ha ottenuto un'attenzione diffusa per la sua storia di formazione fortemente emotiva e anche per la sua forma specifica: era composto quasi esclusivamente da immagini fisse fotografiche, accompagnate dalla voce fuori campo del protagonista. Il primo lungometraggio di Lerotić, Sigurno mjesto, è basato sull'esperienza personale del regista; è un lavoro ad alta carica emotiva, poiché lui stesso appare davanti alla macchina da presa, interpretando il ruolo principale. Un film allo stesso tempo delicato e ruvido; fragile e solido. Sarebbe facile descrivere Sigurno mjesto come un film sul suicidio. Ma non è un film sul suicidio, è piuttosto un viaggio filmico, un viaggio catartico in cui le persone cercano di aiutarsi a vicenda e imparano a dirsi addio. La morte – perché è un film che affronta la morte di petto – non viene mistificata, ma trattata come una normalità. Sigurno mjesto mostra, contemporaneamente, un solo momento nel tempo e il via vai del lungo e doloroso processo in cui la malattia bussa alla porta, il tutto condensato in 102 minuti di puro cinema. Fin dall'inizio, fin dalla prima scena, un mondo visivamente avvincente si svela – e la cosa non sorprende, considerando che il responsabile delle immagini è il direttore della fotografia Marko Brdar, noto per il suo lavoro virtuosistico su Dad (2010) di Vlado Škafar, A Girl and a Tree (2012) e Mama (Mother, 2016), così come The High Sun (2015) di Dalibor Matanić e Karpotrotter (2013) di Matjaž Ivanišin. Tuttavia, la proposta formale più radicale del film non risiede nel suo minimalismo, nelle sue immagini, né nella sua precisa messa in scena, ma in una rottura inaspettata nella narrazione che cambia tutto, che costruisce e decostruisce l'intera esperienza emotiva di Sigurno mjesto. Offrendo un ritratto profondamente sincero che invita ogni spettatore a identificarcisi e riflettere sulla propria esperienza, Lerotić riesce nel compito più difficile che un regista deve affrontare quando parla di un argomento del genere: non cadere nella trappola di sfruttare le emozioni del pubblico.
Stefan Ivančić