C’è molta verità in questo documentario su Martin Suter, nonostante il titolo che ironicamente crea un orizzonte d’attesa differente, che vorrebbe spiazzare il pubblico fin dalle prime battute del documentario. All’inizio del film l’autore svizzero, complice il regista tedesco André Schäfer, gioca a nascondersi dietro le sue creazioni letterarie, salvo poi negare qualsiasi legame tra la propria vita e i personaggi. Per Suter gli autori non devono parlare dei propri fantasmi, ma creare storie convincenti. Su questo è molto netto anche se, cammin facendo, qualche elemento di sovrapposizione tra autore e opera emerge comunque. Il gioco viene presto meno e il documentario riesce, con grazia, a farci conoscere in profondità l’uomo Suter e a farci entrare allo stesso tempo nel laboratorio mentale dello scrittore di successo. Alles über Martin Suter. Ausser die Wahrheit è un collage di citazioni letterarie, tratte dai maggiori successi dello scrittore, messe in scena dal regista, interrotte dal racconto di Suter e di altri testimoni della sua ascesa e della sua vita che affronta temi legati alla sua poetica e al suo privato. Suter parla del suo motivo letterario principale: la storia di un essere umano, solitamente di sesso maschile, con un segreto inconfessabile legato alla propria esistenza. Suter è scrittore d’intreccio, di suspense, di virate e capovolgimenti di fronte. Autore che ha iniziato la sua carriera come creativo nel mondo della pubblicità ed è arrivato alla letteratura soltanto a 50 anni, passando per la scrittura cinematografica. Infatti le narrazioni di Suter sono squisitamente cinematografiche. Prova ne è che sono state spesso adattate per fiction del grande e piccolo schermo. Poi c’è l’uomo Suter, compagno di vita attento e padre amorevole della figlia adottiva nata e cresciuta in Guatemala. Il tema della paternità emerge verso la fine e ci riporta a un episodio molto triste della vita dello scrittore: la morte del figlio adottivo, avvenuta a Zurigo qualche anno fa. Suter è persona all’apparenza semplice e non sofisticata, senza le tipiche nevrosi del personaggio di cultura e di successo. Soprattutto si trova a proprio agio davanti alla macchina da presa. È una presenza piacevole e il film a lui dedicato è un bellissimo modo per chiudere il Locarno Film Festival in bellezza e dare l’arrivederci alla nostra amata Piazza Grande.
Mattia Lento