Pur rientrando esplicitamente nel genere del period-movie, il secondo film da regista di Ena Sendijarević parte con l’intento esplicito di smentirne regole e stilemi. Invece della ricercatezza visiva e dell’accuratezza della ricostruzione scenografica – comunque indubbiamente presenti – alla cineasta interessa lo sviluppo di un’atmosfera sospesa che renda Sweet Dreams un film “aperto”, un contenitore in cui sperimentare sul genere stesso attraverso una commistione di toni tra loro anche radicalmente differenti. Ambientato nell’Indonesia di inizio XX secolo, un paese vessato dal colonialismo olandese, questo melodramma familiare si dimostra fin dalle prime sequenze impregnato di un senso del ridicolo capace di trasformarsi in grottesco. L’oppressione fisica e psicologica che la ricca famiglia olandese perpetra ai danni della servitù del luogo, in particolare della giovane e affascinante Siti, viene messa in scena anche attraverso momenti di umorismo velenoso, capace in almeno un paio di sequenze ficcanti di sfociare nel grottesco. Anche quando la sceneggiatura porta storia e personaggi dentro i canoni più canonici del melodramma familiare, Sendijarević sa mantenere – soprattutto grazie alla simmetria di molte inquadrature – un’atmosfera di sospensione poetica. Per una volta, e questo è il lato maggiormente originale di Sweet Dreams, tale sospensione non deve essere interpretata in senso positivo. La “bolla” in cui vivono i personaggi del film rappresenta infatti la stasi umana e morale in cui subiscono un processo di lenta e ineluttabile decadenza. Sotto questo punto di vista il microcosmo del film diventa metaforicamente il macrocosmo sociopolitico dell’epoca. Quello della Sendijarević evolve così in un film fortemente “politico”, e questa volta nel senso migliore del terminw e, poiché mostra con chiarezza e una forte dose di ironia quanto la pagina nera del colonialismo europeo si rifletta ancora oggi su un presente costruito sulle contraddizioni e gli squilibri – in particolar modo economici – creati nel passato.
Un altro notevole punto a favore della riuscita di Sweet Dreams sta poi nell’ottima direzione di un cast di attori che abbraccia con evidente adesione il processo straniante alla base dell’operazione. Il patriarca Hans Dagelet esplicita con efficacia la possanza arcana del personaggio, mentre Lisa Zweerman contribuisce con una prova ricca di brio e di energia trattenuta. Il cuore pulsante del film è comunque una magnetica Hayati Azis nella parte di Siti, attrice non professionista che infonde al suo ruolo malinconico il fascino seduttivo di una saggezza pacata.
Sweet Dreams si rivela un lungometraggio che possiede molteplici livelli di lettura e la volontà dichiarata di sfidare lo spettatore proponendogli un melting pot di toni, variazioni sul tema, spunti di riflessione assolutamente non prevedibili. Una scommessa tutt’altro che scontata, che la cineasta vince prima di tutto con l’arma del coraggio.
Adriano Ercolani
CURIOSITÀ
È il secondo film della regista bosniaca e olandese Ena Sendijarević dopo Take Me Somewhere Nice, che ha vinto il Sarajevo Film Festival e Il premio speciale della giuria a Rotterdam.