Una macchina di notte, nella campagna fuori Teheran, con il solo rumore delle cicale e della natura che alterna risveglio e sonno dopo una giornata di luce. Un momento sospeso, l’alterazione delle droghe, e sembra che tutto sia lontano, anche una quotidianità sempre in bilico, sotto un regime che ti fa sentire un criminale, anche solo perché vuoi vivere in libertà, secondo dei valori universali ma non condivisi dai mullah. Mantagheye bohrani (Critical Zone) è un film che mostra personaggi e situazioni che di solito non si vedono nei film iraniani che circolano nei festival internazionali. È stato girato in segreto e regala uno sguardo su una società allucinata, una pentola a pressione sul punto di esplodere. È scritto, diretto e montato da Ali Ahmadzadeh, classe ’86, che prosegue il suo percorso di riflessione sulla censura e sulla ribellione giovanile, sul confronto impossibile con la teocrazia. Una poetica che gli impedisce di lavorare legalmente come regista e non gli ha consentito di lasciare il paese per presentare Mantagheye bohrani a Locarno76.
Il film racconta una notte in una Teheran semi deserta, popolata solo delle anime più perse e sofferenti, da anziani e malati. Un universo di intossicati da un regime che soffoca ogni slancio e seda lo spirito di rivolta. Ma c’è il barbuto protagonista, un consolatore, ma anche uno spacciatore, che porta sollievo, guidato in macchina da un GPS che alimenta l’idea di un paese condotto verso una destinazione inafferrabile, dando indicazioni per conto proprio, senza neanche crederci più di tanto. Rimane l’energia dei giovani, donne e uomini, riuniti in una sequenza in cui li si trova seduti nella stessa macchina, chi rimane e chi va via, idealmente la diaspora degli esiliati a forza. È una donna a portare la droga dell’occidente, la vitalità e le grida selvagge nel silenzio di una città attraversata a tutta velocità.
«Girare questo film è stata una ribellione», ha detto il regista, «farlo vedere è una vittoria ancora più grande».
Curiosità
Il film è stato girato senza l’autorizzazione del regime iraniano, usando persone reali e non attori, nascondendo la macchina da presa o ingegnandosi a usarla con molte limitazioni.
Mauro Donzelli