News  ·  15 | 08 | 2024

Alice Lowe: Voglio fare film come emozioni da guardare

Di Hugo Emmerzael

Alice Lowe

Tra commedia romantica e viaggio nel tempo: la regista inglese ci parla del suo ultimo lavoro, Timestalker, proiettato questa sera in Piazza Grande.
Alice Lowe non solo ha scritto Timestalker, lo ha anche diretto e interpretato. Il film è indubbiamente un progetto che sta particolarmente a cuore alla talentuosa artista inglese. Dopo l’esordio alla regia con Prevenge (2016), un film eccentrico su un serial killer, e una carriera di rilievo nella commedia britannica, con spettacoli come la serie Darkplace di Garth Marenghi (2004), il secondo lungometraggio di Lowe è una commedia romantica cosmica, nella quale una donna (Lowe stessa) continua a reincarnarsi solo per innamorarsi sempre dello stesso Mr. Sbagliato in ogni nuova time line. Timestalker è un viaggio irrimediabilmente romantico attraverso lo spazio e il tempo, che riflette l’amore genuino e contagioso di Lowe per un cinema divertente e spontaneo.

 

Hugo Emmerzael: Nel tuo film d’esordio, Prevenge, hai interpretato una serial killer; è piuttosto ironico che in questo film, invece, sia tu che vieni continuamente uccisa. È stata una scelta intenzionale?

Alice Lowe: Ho decisamente voluto giocare su questo contrasto. Mi rendo conto, sempre solo a posteriori, che i miei film sono un po’ il riflesso del mio stato mentale in quel momento. In questo senso Prevenge – dove in effetti uccidevo davvero molte persone – è un film molto più nichilista e cupo di questo. Questa volta ho pensato che sarebbe stato meglio – sia come scrittrice, che per il mio ego – di farmi uccidere in continuazione, come se me lo fossi meritata.  Credo che, su una qualche scala karmica, fosse semplicemente arrivato il mio turno. I miei film hanno sempre un lato metaforico. Dopo le difficoltà che l’industria dell’arte ha dovuto affrontare recentemente, specialmente durante il Covid, ho concepito questo film come una metafora per mantenere vivo il sogno del cinema e della creatività. Sappiamo tutti che molti progetti finiscono per morire a un certo punto, e penso che l’unica cosa che ci fa andare avanti sia questo tipo di sogno romantico. Questo è davvero un tema centrale nel film: continuare ad andare avanti anche quando forse non è una buona idea farlo e il tutto si rivela auto-distruttivo. 

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Tutti i personaggi sono malmessi e fuori di testa, ma finiscono per diventarci cari 

HE: Ho l’impressione che Timestalker incarni quest’impulso creativo verso la morte in modo molto forte. Il film ha una portata ampissima e una trama caleidoscopica che distorce il tempo. Hai avuto l’impressione di dare il tutto per tutto in questo film? 

AL: Assolutamente sì! Fare film è una mia grande passione: adoro essere sul set, recitare e dirigere. Per me è un grande onore poter fare tutto questo. Ero consapevole del fatto che forse non avrei mai più avuto l’opportunità di farlo, soprattutto dopo la nascita del mio secondo figlio e il lockdown causato dal Covid. Ovviamente, desidero realizzare molti altri film, ma non si può mai sapere. Questo senso di mortalità si è riflesso nel film. Sono contenta che tu abbia menzionato la portata del film, perché volevo essere estremamente ambiziosa. Tutto ciò che mi appassiona nel fare cinema è presente in Timestalker. Non ci sono più molti film britannici fantasy o surreali, ed è davvero un peccato. Registi come Powell e Pressburger mi hanno influenzata profondamente, i loro film sono dei classici senza tempo, capaci di giocare con l’immaginazione e di riflettere sulla moralità e la condizione umana. Volevo che questo film, a differenza di Prevenge, avesse anche un tono più ottimista, che trasmettesse, in qualche modo, un’idea di redenzione. Tutti i personaggi sono malmessi e fuori di testa, ma finiscono per diventarci cari e ci auguriamo che possano avere una vita migliore nella loro prossima esistenza. 

 

HE: Attraverso le diverse reincarnazioni del personaggio, Timestalker mostra come la posizione della donna nella società sia evoluta, evidenziando i progressi compiuti nel corso della storia. Eppure, anche dopo tutti questi secoli, insisti sul fatto che le donne non sono ancora del tutto libere ed emancipate. Come interpreti questo legame tra il progresso e la sensazione di essere, in qualche modo, ancora prigionieri del tempo?

AL: Credo che una scrittrice donna cerchi sempre di far sì che suoi personaggi femminili riescano a sfuggire sia ai dettami della società che a quelli della narrazione. In particolare, in una commedia romantica, ti chiedi: come faccio a raccontare tutto questo senza ripetere sempre la solita storia? Nella tua immaginazione vorresti che i tuoi personaggi si salvino ma in realtà, spesso, non sono in grado di farlo. Molte volte, scrivendo, penso: “Ah, ma questo non rispecchia le esperienze delle donne”.  Le donne, infatti, si sentono spesso intrappolate e pensano di non farcela. Quindi, senza fare troppi spoiler, direi che il film ha un doppio finale; puoi scegliere se essere un sognatore o un realista. La protagonista riuscirà alla fine a sfuggire al ciclo temporale in cui si trova e diventare felice, oppure no? 

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Quest’ idea è diventata una sorta di filosofia per noi: ‘la reincarnazione è semplicemente il riciclaggio delle anime’

HE: Questi elementi fantastici sono esaltati dall’estetica vivacemente colorata del film, che è deliziosamente originale e fuori dagli schemi. Suppongo che il budget fosse limitato, il che rende l’aspetto visivo ancora più sorprendente. Come ci sei riuscita?

AL: Di solito sono coinvolta in ogni aspetto della realizzazione del film: lo scrivo, lo dirigo e lo interpreto e sono fisicamente presente in ogni fase di questo processo creativo. Questo significa che, se una location che non corrisponde perfettamente alla sceneggiatura, la posso modificare. Posso anche cambiarla all’ultimo momento mentre stiamo girando. Così il film sembra sempre avere un’intenzione chiara, anche quando dobbiamo fare compromessi o adattarci. Quest’ idea è diventata una sorta di filosofia per noi: ‘la reincarnazione è semplicemente il riciclaggio delle anime’. Abbiamo fatto nostra questa frase. Inoltre, parlando di finanziamento con i nostri partner, come per esempio il BFI, abbiamo spiegato loro che avremmo riutilizzato tutto: location, attori, comparse, costumi. Normalmente sarebbe stato un errore, ma poiché è coerente con la logica del film, siamo riusciti a farla franca. Questa prospettiva trasversale è esattamente ciò che amo del fare film.

Timestalker ©Timestalker Limited, photograph by Ludovic Robert Timestalker ©Timestalker Limited, photograph by Ludovic Robert

HE: Il tuo ruolo nella serie comica cult Garth Marenghi’s Darkplace (2004) riflette una filosofia del laissez-faire e del ‘tutto è possibile’. Questo approccio libero alla realizzazione dei film è stato influenzato in qualche modo dalla tua carriera di attrice?

AL: Nel Regno Unito, la nostra forte cultura della commedia, fondata sulla tradizione dei Monty Python, ha dato vita a un’ondata di creatività negli ultimi decenni. Anche se può sembrare strano, molte delle innovazioni creative hanno le loro radici nella commedia. Trovo interessante che molti dei miei ex colleghi siano diventati registi, poiché oggi il cinema indipendente rappresenta uno degli ultimi veri baluardi della creatività. Ogni volta che ho recitato, ho sempre imparato qualcosa dal regista, e questo mi ha aiutato a capire come vorrei lavorare, sia come attrice che come regista. Per me, si tratta di una sorta di spontaneità controllata.

 

HE: Il tuo primo cortometraggio da regista, Solitudo, è uscito nel 2014.  Quando hai capito di volere lavorare come cineasta?

AL: È stato un processo molto lungo. In realtà, ho iniziato con il teatro, e già allora, amavo la sensazione di avere un controllo creativo completo su ciò che stavo facendo. Ho sempre pensato che fosse quello che volevo fare, ma poi sono finita un po’ per caso a fare commedie, che ovviamente mi offrivano molte più opportunità commerciali. Tuttavia, la televisione non è mai stata la cosa giusta per me. Mi ci è voluto molto tempo prima di potermi definire una scrittrice, anche quando facevo commedie, e ancora più tempo per esprimere il mio desiderio di diventare una regista. Avevo paura di essere percepita come arrogante se avessi detto di voler assumere il controllo. Soprattutto per una donna, in quel periodo, ciò era particolarmente mal visto. Tuttavia, ad un certo punto, Jamie Adams mi ha chiesto di lavorare ad un lungometraggio, Black Mountain Poets (2015), che era stato concepito come un film improvvisato e girato in tre giorni. In un certo senso questo processo mi ha molto infastidita, ma mi ha fatto anche capire che sono capace di fare dei film e che avrei potuto farcela. Ho scoperto che mi piace farlo! Oggi la gente mi chiede spesso: “Come fai a dirigere e recitare allo stesso tempo? Non è difficile?” e io rispondo: “No! Mi piace!”. Sono finalmente riuscita a creare un bell’ambiente in cui gli attori possono essere liberi e felici, una cosa che anche oggi è ancora rara. 

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Credo che, raggiungendo questo livello di sincerità emotiva, si possa fare qualsiasi cosa con i propri film

HE: Si può davvero percepire questa spontaneità nel film. Come gestisce il lavoro con gli altri attori sul set, essendo sia regista che protagonista?

AL: Il processo è molto umano, cerchiamo sempre di trovare la verità emozionale in ogni cosa. Se un attore arriva sul set nervoso, gli dico sempre: ‘Usa il tuo nervosismo. Mostra la realtà, non cercare di nasconderla.’ Credo che, raggiungendo questo livello di sincerità emotiva, si possa fare qualsiasi cosa con i propri film. Il tuo film può trattare di goblin e può essere completamente surreale, ma se il pubblico riesce a trovare una connessione personale, ti perdonerà tutto.

 

HE: Un elemento fondamentale di questo film è la colonna sonora, che ne mette in valore la componente caleidoscopica. Che cosa volevi ottenere dall’interazione tra musica e immagini?

AL: I compositori, Toydrum, hanno collaborato anche a Prevenge e Solitudo, quindi ci conosciamo da tempo. Abbiamo lavorato a questo film per anni, ed è stato fantastico poter discutere a lungo sul come dovesse essere la musica. Volevo che la musica fosse un personaggio a sé stante, parte integrante della trama, con una personalità propria. La colonna sonora del film non si conforma a nessun genere specifico, è come se raccontasse una storia diversa. Eravamo davvero entusiasti all’idea di avere un motivo ricorrente nella colonna sonora, una scelta non molto comune ultimamente. Volevamo qualcosa di riconoscibile, che si ripresentasse più volte durante il film, ricordando agli spettatori che stanno seguendo una stessa storia e provando le stesse emozioni, anche se ogni volta si trovano in un mondo diverso. In questo senso, la colonna sonora unisce i vari elementi ed è stata una delle grandi sfide del film. Poiché il film parla di reincarnazione, abbiamo cercato di catturare questa sensazione di “Oh, questa canzone mi sembra familiare!”

 

HE: Sembra che tu voglia tenere viva la magia nel film.

AL: Spero proprio di sì! Voglio creare dei film che siano un vero piacere per il pubblico. Quando guardi il trailer di Timestalker, sembra quasi di mangiare una caramella! Credo che pochi film indipendenti abbiano questa ambizione. Timestalker è un film intelligente, che aspira ad essere artistico e stimolante, ma può anche essere semplicemente goduto. È quello che provavo io guardando tanti film da giovane. Ero felice di vedere un horror della Hammer in televisione alle 11 di sera, sapendo che sarebbe stato divertente. Con Timestalker mi sono davvero chiesta: ‘Posso permettermi di fare una cosa del genere?’ perché nel Regno Unito, soprattutto per le registe, ci sono ancora molti ostacoli che sembrano rendere quasi impossibile realizzare film commerciali.”

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Se volessi essere Steven Spielberg e creare il prossimo E.T.?

HE: Quindi, non vuoi essere associata allo stereotipo della regista donna?

AL: No. È come se la gente ti dicesse: “Perché non fai finalmente un film serio?” E se io non lo volessi fare? Se volessi essere Steven Spielberg e creare il prossimo E.T.? La domanda fondamentale è questa: abbiamo il diritto di divertirci? Questa è una questione che riguarda l’arte in generale. Viviamo in un’epoca in cui molti fattori minacciano l’arte indipendente e la creatività. Abbiamo ancora il diritto di trovare piacere nel nostro lavoro? O dobbiamo per forza odiarlo? Io ho tutta l’intenzione di divertirmi, e voglio godermela finché posso.