News  ·  10 | 08 | 2024

Shah Rukh Khan: Un re tra gli uomini

Di Sadia Khatri
Traduzione di Anna Rusconi

©Davide Padovan

SRK, King Khan, Baadshah of Bollywood: nessun attore indiano ha ridefinito i limiti del divismo più di Shah Rukh Khan. Chiamarlo “attore” non basta. In Asia meridionale, negli EAU e in parte del Sud Globale, SRK è un acronimo arcinoto, un brand, un’icona, nonché, come afferma lui stesso, un dio del marketing. La sua faccia è impressa a fuoco nella memoria di un’intera regione: chi non conosce quella zazzera arruffata, quel sorriso con le fossette, quegli occhi che ti guardano maliziosi? Khan è uno degli attori indiani più carismatici, se non l’attore per antonomasia.

Sullo schermo non ha rivali in quanto a numero e varietà di eroi romantici impersonati basti pensare che, dopo 30 anni di carriera, è l’unica star della sua generazione che continua ad affiancare le nuove eroine emergenti. Fuori dallo schermo è amato dalle masse per il mito che incarna come uomo. Nelle interviste e nelle apparizioni pubbliche Khan padroneggia l’arte di camminare sul filo sottile che separa la sua immagine di persona socievole e alla buona dall’autorevolezza della superstar. Un attimo è lì che scherza con nonchalance e quello dopo ricorda alla platea che è il più grande divo di Bolliwood – uno che non ha uguali e, in ultima analisi, un intoccabile. “Non temo di essere messo in secondo piano da nessuno in questo mondo”, ha detto. In definitiva, non importa che un film abbia successo al botteghino o meno: lui rimane, comunque, una figura amatissima.

Ma SRK non ha esordito come rubacuori. Le sue prime apparizioni lo vedono interpretare il ruolo del cattivo: sia in Baazigar (1993) che in Darr (1993) è l’antagonista che va incontro alla propria morte. Khan stesso non pensava di avere l’aspetto giusto per sfondare nei ruoli romantici principali, fino a quando Aditya Chopra, il più grande produttore di Bollywood, si fece avanti. Quando lo vide negli anni Novanta, disse al giovane Khan: “I tuoi occhi hanno qualcosa che non può andare sprecato nei film d’azione”. I fan sembrano d’accordo: su YouTube e TikTok ci sono innumerevoli video compilation degli occhi di SRK. Fu Chopra ad affidargli il suo primo ruolo romantico, nel suo proprio debutto alla regia: il musical Dilwale Dulhaniya Le Jayeinge (1995), la storia di due sfortunati indiani della diaspora, oggi considerato un classico. Il film fu un successo immediato sia in India che oltremare, lanciando Khan come il nuovo idolo delle donne. A distanza di tre decenni, è il film che è rimasto più a lungo in cartellone nelle sale indiane.

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La bravura di Khan si riflette nella straordinaria varietà di eroi che ha interpretato.

La bravura di Khan si riflette nella straordinaria varietà di eroi che ha interpretato. Se da un lato ha vestito i panni di numerosi amanti appassionati, come il suo personaggio in DDLJ, dall’altro ha anche interpretato amanti-stalker minacciosi, sempliciotti impacciati, delinquenti, terroristi, autentici seduttori, figure tragiche, eroi con una missione vitale e nobili cittadini mossi dal senso del dovere verso il proprio paese e i propri connazionali.

I suoi ruoli più celebri da innamorato sono quelli del ragazzo incorreggibilmente romantico in film come DDLJ e Dil To Pagal Hai (1997): dove il suo personaggio riesce sempre e comunque a coronare con successo l’unione con la sua amata, indipendentemente dal fatto che i genitori di lei siano contrari alla loro relazione o che la ragazza abbia già un fidanzato. In ogni caso, grazie ad un destino favorevole o semplicemente alla perseveranza degli eroi, l’amore riesce sempre a trionfare alla fine. Il fascino risiede tutto nello scoprire il miracolo del come. Prendiamo ad esempio Kuch Kuch Hota Hai (1998): la trama, per quanto possa sembrare assurda, ruota intorno all’obiettivo di riunire un vedovo – interpretato da SRK – con la sua compagna preferita del liceo, il suo primo amore, grazie alla guida fornita da alcune lettere della moglie defunta.

Molti film di SRK degli anni Duemila hanno introdotto una tipologia particolare di eroe morale: il figlio coscienzioso, l’onesto lavoratore, il buon soldato costretto a scegliere tra l’amore per la patria o la famiglia e l’amore per la sua donna. Ovviamente, l’eroe sceglie sempre l’amore. Nella saga familiare K3G, o Kabhi Khushi Kabhie Gham… (2001), SRK interpreta Rahul Raichand, il devoto primogenito che viene rinnegato dai suoi genitori miliardari per aver sposato una donna di classe inferiore. In Veer-Zaara (2004), invece, SRK è Veer, un ufficiale dell’aviazione indiana ingiustamente incarcerato per 22 anni in Pakistan a causa di false accuse di spionaggio. Veer accetta questo destino per salvare Zaara, la sua amata pakistana, dal matrimonio con un uomo che minaccia di trattarla con crudeltà se Veer non si dichiara colpevole. Inutile dire che alla fine di entrambi i film tutto si conclude per il meglio. Il mito propagato da questo modello è che la scelta giusta è quella basata sull’onore, e che se l’eroe segue i dettami della morale, il tempo lo ricompenserà con giustizia, riconciliazione e con la conquista dell’amata. La famiglia si riunirà, le barriere che separano gli amanti saranno superate e nessuno ne uscirà danneggiato. Ciò che rende così popolare questa tipologia di eroe è il fatto che, quando i suoi principi lo richiedono, lui si ribella, ma senza sovvertire o minacciare sostanzialmente gli assetti sociali.

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Quando si mette lo zaino in spalla, ti prepari a vederlo spalancare le braccia alla sua amata, in un gesto tanto appassionato quanto iconico.

Indipendentemente dal ruolo interpretato, il talento di King Kahn si distingue per una recitazione, una gestualità e dei tratti espressivi unici, che hanno contribuito a creare il suo stile inconfondibile. Chopra, il produttore, è stato il primo a notare il suo tenero sguardo da cucciolo che Khan non esita a sfruttare per prolungare una scena sentimentale. Tuttavia, i suoi manierismi non si limitano a questo: si pensi all’espressività di certe interiezioni come i frequenti «mmm» e «ehiii», che sostituiscono le parole nella costruzione della tensione emotiva, specialmente nelle scene in cui Khan flirta, provoca, appare turbato o irritato e di cui l’attore fa uso frequente. E poi ci sono le scene e i momenti altrettanto iconici, come quando in DDLJ scende dal treno con uno zaino sulle spalle, o quando in Dil Se (1998) balla sul tetto di un vagone in corsa. Gli eroi comici e maliziosi di SRK mostrano una certa propensione allo stupore sbigottito, dominando giocosamente lo spazio in cui si trovano finché, tra un urto e un inciampo, non si ritrovano “per puro caso” (strizzatina d’occhio) a compiere l’impresa impossibile che si erano prefissi.

In definitiva, il fascino di Khan risiede nella ripetizione piuttosto che nell’innovazione. Indipendentemente dal ruolo, l’attore preserva sempre intatte le caratteristiche codificate che il pubblico ha finito per associare alla sua figura. La gioia degli spettatori risiede proprio nella familiarità ritrovata in ogni visione: in quel riconoscimento e in quella promessa mantenuta. Quando Khan sorride dondolando la testa, sai che subito dopo alzerà simpaticamente un dito; quando si scompiglia i capelli, è evidente che è innamorato; e quando si mette lo zaino in spalla, ti prepari a vederlo spalancare le braccia alla sua amata, in un gesto tanto appassionato quanto iconico.

Non è quindi un caso che molti dei suoi personaggi abbiano lo stesso nome. Dil To Pagal Hai e Kuch Kuch Hota Hai sono stati i primi film a presentare SRK al pubblico come “Rahul”, un nome che è ormai quasi sinonimo dell’attore. “Sono Rahul. Impossibile che tu non mi abbia mai sentito nominare!” è la celebre frase con cui si presenta in DTPH, memorabile per il tono assertivo e al contempo disinvolto con cui Khan la pronuncia. E ogni volta che in un nuovo film lo sentiamo dire “Sono Rahul…”,  non possiamo fare a meno di sorridere – perché lo abbiamo sentito nominare, eccome.

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Ma Khan non si accontenta semplicemente di imprimere un segno nella storia del cinema, ha dichiarato di voler spingere oltre i limiti stessi della narrazione. 

Ma Khan non si accontenta semplicemente di imprimere un segno nella storia del cinema, ha dichiarato di voler spingere oltre i limiti stessi della narrazione. Grazie alla Red Chillis Entertainment, la casa di produzione fondata nel 2002 con la moglie Gauri, ha sorpreso il pubblico con svolte originali e sperimentali in film come Il mio nome è Khan (My Name is Khan, 2010), dove interpreta un musulmano autistico nell’America post-11 settembre, o in Asoka (2001), dove impersona l’imperatore del III secolo a. C. Asoka. Anche la sua apparizione in Dil Se è un qualcosa di sorprendente: si tratta l’ultimo capitolo della trilogia di Mani Ratnam sul terrorismo e la violenza in India, che critica aspramente i rapporti tra lo stato e i ribelli del Nord Est del Paese. Khan vi interpreta Amar, un giornalista radiofonico che s’innamora di una militante, trovandosi così diviso tra la patria e l’amore. Ma nulla può competere con la tragedia epica di Devdas (2002), dove tutti i ruoli romantici di Khan si fondono in un unico personaggio: Dev è sia l’eroe che l’antieroe, l’amante perfetto sulla via dell’autodistruzione. Il film narra la storia di un uomo che si impegna a perdere tutto con la stessa determinazione con cui un tempo si era dedicato all’amore – abbandonando la sua Paro e i genitori per inseguire solo la bottiglia. E quando Dev si ritroverà ridotto al fantasma di sé stesso, SRK gli avrà ormai donato l’intera gamma di emozioni a cui ci ha abituato sul grande schermo.

Dopo il 2010, la carriera di Khan ha subito un declino, fino al trionfale ritorno dell’anno scorso con ben tre blockbuster, tra cui Jawan (2023), prodotto da Red Chillis. Questo film offre una nuova interpretazione della figura dell’eroe antieroico. Qui, il paladino della giustizia che difende la sua gente – interpretato da Khan – è il figlio di un ex ufficiale dell’esercito. L’eroe è deciso a svelare la natura corrotta del sistema, e anche a porvi rimedio, ma diversamente da Dil Se, che puntava apertamente il dito contro lo stato indiano, Jawan appiattisce il complesso rapporto tra storia e rivolta e, al di là di un sistema “genericamente” marcio, si astiene dall’incolpare qualsiasi struttura concreta del potere. La casa di produzione di Khan sembra dunque affrontare delle tematiche politiche mantenendosi però su un terreno neutrale e senza prendere rischi.

Nulla riesce davvero a intaccare la sua popolarità. Oggi King Khan è il quinto attore più ricco del mondo. Oltre alla casa di produzione, possiede quattro squadre di cricket, e la sua residenza di Mumbai, chiamata Mannat, che affaccia sul Mare Arabico, si dice valga la cifra esorbitante di due miliardi di rupie. Il ritorno in scena nel 2023 lo ha rinvigorito, permettendogli, a 58 anni, di continuare a prosperare nella sua carriera senza mostrare segni di declino. I media lo acclamano e, secondo i giornalisti, raramente ha contrasti sul lavoro. Il marchio SRK appare inarrestabile sia sullo schermo che fuori, e a tutte le ore del giorno i fan si accalcano davanti ai cancelli di Mannat per riuscire a scorgere la star. A volte, come un monarca che si concede ai suoi adorati sudditi, Khan esce sul balcone ed esegue la sua iconica mossa: allarga lentamente le spalle e le braccia, inclinando la testa di lato. E la folla – guardate i video per crederci – va letteralmente in delirio.