La prima domanda è inevitabile: giocatore di calcio e filmmaker. Come conciliare queste due professioni? Sono connesse in qualche modo o rimangono sempre separate?
A essere onesti sono due lavori divertenti, due mondi che si scontrano molto e possono essere difficili da combinare. Fare cinema è un lavoro che consuma e richiede tempo, mentre il calcio è inflessibile. Allenamenti e partite non si possono spostare, e ciò può creare grandi problemi quando cerchi di organizzare qualcosa di così complesso come girare un film.
Da dove nasce l’idea di Leynilögga?
Tutto è cominciato undici anni fa quando due dei protagonisti, comici famosi in Islanda, hanno deciso di indire una competizione di trailer per il talk-show del Venerdì. Io e Auðunn Blöndal, il protagonista, abbiamo fatto un trailer che è diventato virale e la gente l’ha amato. Dopo abbiamo ricevuto telefonate e ci hanno chiesto di scrivere il film. Abbiamo speso l’estate a scrivere il soggetto, pensavamo di farlo suo tempo ma non ha funzionato, poi sono diventato un giocatore professionista all’estero per sei anni e il progetto è stato messo in ghiaccio. Dopo essere tornato in Islanda abbiamo iniziato a parlare di riprenderlo anche se l’idea aveva ormai dieci anni, così l’abbiamo proposto a Pegasus e ha accettato di farlo. La sceneggiatura è stata riscritta.
Il tuo film ha l’esplosività del prodotto di genere ma possiede anche molta ironia. Perché questa scelta?
Nell’essenza è una commedia fatta da gente che voleva fare un film d’azione. Non c’è mai stato un action-movie islandese, con sparatorie inseguimenti in auto e super-cattivi. E c’è una ragione per questo. In Islanda, la polizia non usa pistole, non siamo un Paese violento e le scene d’azione che di solito vediamo a New York o Londra non hanno senso a Reykjavik, così non è possibile fare azione seria in Islanda.
Ma se sei una commedia, è una storia del tutto diversa: puoi fare quello che vuoi, nulla è esagerato perché puoi nasconderti dietro il fatto che stai adoperando il genere comico. Ma volevamo comunque che sembrasse un vero action-movie.
Il film è unito da una scelta precisa di location a Reykjavik. Come ha lavorato a riguardo?
Volevamo che la città avesse il respiro di un grande action-movie, il che è una bella sfida visto che Reykjavik ha centomila abitanti con pochissimi edifici veramente alti. In più, non potevamo permetterci di girare sequenze in esterni al buio così abbiamo dovuto essere creativi.
Abbiamo tentato di inquadrare la città sono una nuova luce, con location che la rendessero maggiormente epica di quello che è. Abbiamo guidato per giorni alla ricerca di parcheggi isolati, vecchi palazzi, porti e fabbriche che potessero aiutarci a creare il look di un action-movie.
Nel cinema di genere ci sono registi a cui si è ispirato?
Vorrei citare tre registi: penso che Edgar Wright sia geniale nel combinare azione, commedia e una messa in scena visivamente curata.
Christopher Nolan è fantastico a costruire momento e ritmo nei suoi film, sa creare l’epica, lo spessore e la tensione come nessun altro. E James Cameron alza l’asticella ogni volta che realizza un progetto.
Intervista a cura di Lorenzo Buccella