Abel Ferrara, qual è stata la scintilla che ha ispirato Zeros and Ones?
“Scintilla” è una parola strana: fa pensare a un fuoco che divampa da qualche parte nel villaggio vicino. All’idea di Zeros and Ones mi sono avvicinato gradualmente negli ultimi anni; nel bel mezzo della pandemia finalmente mi sono seduto e ho cercato di capire se tutti i suoi elementi che mi parlavano potevano trovare una risoluzione entro la fine della sceneggiatura.
Per questo nuovo lavoro è tornato a collaborare con il direttore della fotografia Sean Price Williams. Quanto è stato importante il suo contributo?
Sean lavora con noi dai tempi di Chelsea on the Rocks, come giovane membro della troupe e animo affine. Lui ha influenzato il nostro lavoro e noi il suo (ne sono certo), che stessimo collaborando o no. Abbiamo fatto insieme The Projectionist e Sportin’ Life, ed ecco fatta la trinità.
Come ha scelto Ethan Hawke per il ruolo principale?
Stessa situazione: c’è un’affinità spirituale tra il suo lavoro e il nostro, e finalmente le circostanze ci hanno permesso di lavorare insieme. Ethan ha ricevuto una sceneggiatura di 18 pagine che altri potrebbero trovare stramba, ma a lui è piaciuta e l’ha capita in modi a cui io forse non sarei arrivato.
Come in Tommaso, la location è ancora una volta la zona dell’Esquilino a Roma. I luoghi hanno un ruolo centrale nell’estetica del film?
Certamente. La separazione tra la tua vita e la tua opera non esiste: quello è il mio quartiere da sette anni, la piazza di Ladri di biciclette di De Sica.
Il fatto che Zeros and Ones, così come il precedente Siberia, sia stato acquistato dalla Lionsgate per la distribuzione negli Stati Uniti segna un ritorno forte nel circuito americano?
Sì, in questo modo il mio lavoro arriva come si deve nel mio paese d’origine. Sono grato a loro e ai miei produttori, che hanno contribuito a renderlo possibile.
Intervista a cura di Lorenzo Buccella