Phil Tippett ha lavorato al progetto di Mad God per più di dieci anni, probabilmente di più, in perfetta solitudine. A Locarno possiamo finalmente ammirare il frutto del suo lavoro. E c’è da restare a bocca aperta per lo stupore. Ogni fotogramma del film è il risultato di un cesello dove ogni dettaglio concorre a creare un mondo irripetibile. Il film inizia con una figura il cui volto è coperto da una maschera antigas. Questa figura si cala in un mondo senza luce. E inizia a vagare. Maestro ed erede dell’animazione a passo uno, Tippett ha pensato e realizzato il passaggio dall’analogico al digitale. Mad God è il trionfo di un cinema artigianale, conquistato, sognato e realizzato un frammento alla volta. Eppure, quando ci si abbandona al piacere di questo viaggio ad occhi aperti, ci si ritrova catapultati in un sogno che si trova ripiegato dentro un sogno. La figura senza volto (un mercenario? un assassino?) sembra vagare senza meta mentre il mondo di sotto continua a rivelarsi come un fiore di carta allucinogeno. Phil Tippett con Mad God ha creato forse il film più compiutamente mélièsiano di sempre. Un vero e proprio sortilegio magico, filmato dall’occhio di un cineasta demiurgo dal cui occhio scaturiscono vertiginose visioni. Il cinema esiste per dare vita a film come Mad God.
Giona A. Nazzaro