Una donna, due uomini. È una configurazione le cui dinamiche – desideri, gelosie, risentimenti, tradimenti, rimpianti, riconciliazioni – hanno affascinato registi lungo tutta la storia del cinema: da Casablanca (1942) a Jules et Jim (1962) e Y tu mamá también (2001), per citare solo tre esempi molto diversi. In Hao jiu bu jian (Dreaming & Dying), l'inventivo ed elettrizzante film d'esordio di Nelson Yeo, questo triangolo eminentemente cinematografico viene smontato e poi tirato, attorcigliato e piegato in forme completamente nuove e inaspettate.
Inizia in modo abbastanza semplice: una rimpatriata scolastica in un hotel in riva al mare. Si presentano solo tre persone. Gli ex compagni di scuola ora sono di mezza età e due di loro sono sposati. Il marito è un burbero e la moglie è timida e pacata. Non vedono l'altro uomo da molto tempo. Chiaramente esiste un'attrazione tra lui e la donna, che non è scomparsa in tutti gli anni di separazione. Ora che si incontrano di nuovo, si riaccende all'istante, anche se nessuno dei due è abbastanza sicuro di sé per fare qualcosa al riguardo. Invece, la riunione lascia il posto a un gioco di desideri repressi e rivalità ribollenti.
Le cose iniziano quindi a diventare strane. Gli aspiranti amanti si ritrovano in una storia diversa che sembra svolgersi nella stessa località balneare. Il loro desiderio reciproco non è ancora consumato, ma lui si rivela essere... un tritone. È una realtà parallela o sono solo personaggi del libro che la moglie legge nella storia principale? (Per illustrare l'idiosincratico e delizioso senso dell'umorismo che percorre tutto il film: in uno dei tanti usi faceti dello zoom, la vediamo per la prima volta intenta a leggere in primo piano finché la telecamera non si ingrandisce lentamente per rivelare che è seduta sul gabinetto.) Non abbiamo quasi il tempo di prendere piede prima che la narrazione cambi di nuovo. Ora marito e moglie si trovano nel bel mezzo di una giungla, portando un pesce vivo dentro una scatola piena d'acqua. Sono lì per praticare il fangsheng, un rituale buddista che prevede il rilascio di un animale in cattività nella natura come mezzo per migliorare il proprio karma.
Il film è costellato di tali elementi di religione, miti e folklore. Yeo si muove fluidamente tra le tre storie, creando una narrazione vorticosa, tanto confusa quanto esilarante. Gli echi e le ripetizioni abbondano: la stessa frase è pronunciata da personaggi diversi; le immagini ricorrono più volte con lievi alterazioni. Sono ricordi, proiezioni o sogni? Fa differenza? Il tour de force minimalista di Yeo è una meditazione esistenzialista tanto giocosa quanto profonda, nonché uno dei debutti più elettrizzanti degli ultimi anni.
Giovanni Marchini Camia