National Lampoon's Animal House. Basta il titolo. Un film che è una leggenda. Conosciuto a memoria da orde di fan che non sognano altro che scatenarsi nel Toga Party che farà finire tutti gli altri Toga Party. Era il 1978 quando Animal House è stato distribuito nei cinema del mondo. Un film che tutti hanno sentito come proprio in un anno chiave: il 1978. L’apice del punk, scoppiato l’anno prima. Animal House, però, significa anche John Belushi. Lui, l’ape che sapeva ballare come nessun’altro, la stella del Saturday Night Live, il profeta della comicità più surreale, radicale, astratta e fisica del mondo.
Ci voleva un genio come John Landis per capire che John Belushi era il nostro James Dean. Ci voleva del genio per fare di John Belushi il corpo più bello e libero del mondo. Animal House ci dice che tutti i nostri corpi sono belli perché sono i portatori dei nostri desideri, sogni e rivolte. Animal House, anche se fra le sue pieghe batte un cuore rhythm’n’blues, è il film punk per eccellenza. Il film che ridendo vendica i caduti di Fragole e sangue. Il film che conduce all’apogeo il discorso antiautoritario del ’68. Una rivolta in forma di poesia. E oggi, dopo quel che abbiamo visto nei quattro anni di Casa Bianca pre-Biden, sappiamo anche che Bluto Blutarsky e i suoi pards avevano capito tutto in largo anticipo: bisogna colpire prima e meglio. "Schiavi liberatevi!", urla Bluto prima di scatenare il caos. E vi pare strano che ci si commuova sempre sino alle lacrime quando si vede John Belushi esplodere in tutta la sua bellezza? Animal House è un geniale film politico. Un film di una tenerezza infinita, che celebra tutti i pericoli dell’avere vent’anni e ride di fronte all’abisso. Solo un cineasta dal talento infinito come John Landis poteva creare un film politico così perfetto che resiste allo scorrere del tempo e all’erosione dei discorsi dominanti. E – anche – per questi motivi che celebriamo Animal House in Piazza Grande e offriamo a John Landis il nostro Pardo d’onore.
Giona A. Nazzaro