Se è vero, come diceva Gabriel García Márquez, che ogni cuore ha tante stanze, qui, verrebbe da dire, si passeggia velocemente da una parete all’altra, senza soffermarsi in lunghi corridoi ma al tempo stesso senza caricare di pathos le dinamiche dei confini.
Si basa proprio su questa giostra di “soglie amorose” L’Homme fidèle, secondo film alla regia per Louis Garrel.
Un thriller sentimentale che, recuperando lezioni francesi del passato, spolvera gli spigoli dei più classici triangoli amorosi per arrivare a quelle capriole improvvise dove l’apparente tranquillità con cui si affrontano i su-e-giù del destino diventa cibo per una suspense quasi hitchcockiana.
Tracce di amanti ambigui, complici e al contempo rivali, per una contesa che qui mette in frizione lo stesso Garrel con la moglie – nella vita e nel set – Laetitia Casta. Il tutto attraverso un metronomo accelerato, dove gli ingredienti sono i soliti ma sempre si rinnovano: migliori amici, tradimenti, fedeltà e figli destinati a portare dentro il film lo sguardo che tutto sovverte.
Soprattutto se a dettare il ritmo sono più le ellissi che le scene madri, con le voci fuori campo ad alternare i punti di vista e un groviglio amoroso dove il vero dramma sembra essere quello di negarsi continuamente al dramma. E una leggerezza insistita che si fa beffarda.
Lorenzo Buccella