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Ipotizziamo: e se il cinema non fosse (solo) lo specchio del reale ma il suo sogno? Ci ritroviamo così alle origini stesse del cinema e di ciò che rappresenta. Al dilemma Lumière-Méliès. Anche se poi, a volere osservare più da vicino le cose, si potrebbe affermare che i veri visionari erano i Lumière (la reinvenzione del reale) e che il documentarista è Méliès (il racconto in presa diretta di come funziona la macchina cinema). Questa tensione è l’infrastruttura della nuova edizione del Locarno Film Festival. Una selezione, in tutte le sue articolazioni, cui abbiamo iniziato a lavorare non appena è calato il sipario sull’edizione precedente. Film dopo film abbiamo dato vita a un mosaico nel quale sono riflesse le numerose forme del cinema contemporaneo. Consapevoli che il cinema esiste solo in quanto forma d’arte in grado di dialogare con un pubblico ampio, abbiamo evitato il conforto dell’elitarismo mettendoci, ancora una volta, in discussione, come critici, programmatori e curatori. E sempre nella posizione di spettatori.
Il successo della precedente edizione è acquisito. I film hanno goduto di un successo reale: di pubblico, critico e commerciale, trovando lo sbocco naturale nelle sale cinematografiche. I festival sono parte di un discorso industriale del quale Locarno è parte integrante, in quanto maggiore manifestazione cinematografica elvetica. Una posizione che rivendichiamo e difendiamo. Al servizio del cinema d’autore, in tutte le sue declinazioni, la competizione presenta nomi di primissimo piano.
Da autori affermati come Hong Sang-soo, Wang Bing, Ben Rivers, Pia Marais, Silvia Luzi e Luca Bellino, passando per Ala Eddine Slim, Gürcan Keltek e Kurdwin Ayub, Christoph Hochhäusler, i fratelli Zürcher e Laurynas Bareiša, Mar Coll e Sara Fgaier, Marta Mateus, Sylvie Ballyot e Virgil Vernier, il concorso si presenta come un’immersione profonda nelle possibilità del linguaggio cinematografico contemporaneo.
Un concorso ambizioso che cerca consapevolmente, criticamente, il dialogo con il pubblico in un momento in cui la Storia, quella maiuscola, e tutte le sue storie, bussano imperiosamente alle porte del cinema. Senza rinunciare mai al piacere. Come creare una relazione fruttuosa con il pubblico e lo spettatore avventuroso che impegna il suo tempo per incontrare il mondo? Come riconquistare – ancora una volta – uno spazio che sia diverso rispetto a quello delle notizie a getto continuo e delle immagini che ricoprono tutto lo spettro della comunicazione contemporanea?
I nomi convocati per essere parte di questa conversazione in grado di ripensare il nostro tempo sono artisti chiave nello sviluppo del cinema odierno. Anche nelle sezioni non competitive artisti come Edgar Pêra, Radu Jude, Bertrand Mandico, Fabrice Du Welz, con le loro strategie per ripensare il film-saggio, o Marco Tullio Giordana e Isild Le Besco, che portano avanti un cinema radicato nelle profondità abissali dei non detti familiari e dei traumi a essi connessi, sono elementi chiave di conversazioni vitali.
Nello scorrere la lista dei paesi rappresentati in tutte le sezioni ci si ritrova davanti a una possibilità di mondo: un altro mondo possibile. Un mondo policentrico, aperto all’alterità e al prossimo, un mondo curioso e generoso.
Rossellinianamente continuiamo a credere che il cinema sia “lavorare per l’umanità”: l’indagine delle forme ancora possibili del linguaggio e la messa in discussione delle questioni che ci attraversano. Momenti di piacere irripetibili condivisi davanti allo schermo più grande del mondo. Momenti di incontro di comunità che si ritrovano davanti a un film come intorno a un falò per riscaldarsi con il piacere di raccontare e di ritrovarsi come società.
È dall’incontro che si pensa e costruisce sempre il futuro.
Cinema al presente indicativo, dunque, senza mai cedere al conforto illusorio della nostalgia, come nel caso della nostra retrospettiva dedicata al centenario della Columbia che s’immerge nel cuore di un patrimonio ancora largamente inesplorato e che riporta alla luce tutto il glamour, il divertimento e la novità di una produzione cinematografica che ha segnato il nostro modo di pensare le immagini in movimento.
Buon cinema a tutte e tutti!
Ci vediamo in Piazza Grande!
Giona A. Nazzaro
Direttore artistico del Locarno Film Festival