Lattuada letterato e Lattuada balneare.
Nel viaggio di riscoperta che quest’anno Locarno74 dispiega sulle tracce del regista milanese, nell’arco di una stessa giornata, lo schermo del Gran Rex ospita tre titoli capitali all’interno della sua filmografia: I mulini del Po (1949), La tempesta (1958) e La spiaggia (1954).
Le prime due opere sono tratte da romanzi di Riccardo Bacchelli e Aleksander Puskin, mentre la terza prende spunto da un fatto di cronaca.
Con La spiaggia, Lattuada s’inserisce nel filone del cosiddetto cinema balneare, assai popolare nell’Italia del dopoguerra.
La spiaggia, luogo di trascendenza rispetto alla vita di tutti giorni, è un contesto privilegiato per osservare la società e le sue trasformazioni, i rapporti di genere e le nevrosi di un’intera nazione.
Lattuada, in linea con la sua poetica, ci porta in un contesto balneare abitato da “mostri” snob inetti e ipocriti.
Vittima di questo milieu sociale è una prostituta, interpretata da Martine Carol, creduta inizialmente una vedova dalla società bene raccolta nell’hotel della riviera ligure in cui alloggia. La donna, che cerca di godersi alcuni scampoli di felicità con la figlia piccola, durante l’anno affidata ad alcune suore, sarà costretta a scendere a compromessi con la società borghese che la circonda.
Mattia Lento