L’ultimo programma della competizione di cortometraggi si addentra nella nostra psiche. In questa selezione, i film ci insegnano di genitori assenti, legami familiari profondi e movimenti di introspezione psicologica.
Ogni cosa che facciamo nell’età avanzata potrebbe essere tracciato nella nostra infanzia e nel mondo in cui siamo cresciuti. Cosa facciamo con esso, comunque, è una responsabilità nostra. Se la vita fosse animazione, sarebbe luminosa e veloce anche nelle nostre ore più buie. Così, allacciate le cinture per un un ultimo viaggio emozionale dentro anima e corpo!
Jay Rosenblatt è stato per molto tempo uno dei cineasti maggiormente prolifici e interessanti, producendo con consistenza opere capaci di provocare il pensiero, attraverso una carriera lunga più di quattro decadi. Il suo ultimo How Do You Measure a Year? ci regala uno sguardo profondo dentro una relazione padre-figlia – ovvero quella del regista – nel corso di diciassette anni.
Molto personale e, allo stesso tempo, capace di essere universale, Rosenblatt ci immerge in un mondo che all’inizio sembra un modo molto semplice di documentare la crescita di sua figlia Ella. Ad ogni compleanno, le vengono chieste le stesse domande e, ogni volta, lei risponde. Eppure, mentre Ella cresce, non silo dobbiamo confrontarci con il legame indubitabilmente profondo che condividono ma anche con le fratture nel rapporto, creando un ritratto intimo e onesto riguardo uno dei rapporto più complessi nella vita di una persona. L’abilità di Rosenblatt di catturare questi momenti in maniera molto sottile restituisce una visione non solo ammirevole ma anche molto commovente.
Il corto Papyni krosivky (Dad’s Sneakers) di Ohla Zhurba è un ritratto toccante di un giovane che vive in un orfanotrofio ucraino, in attesa di essere adottato da una donna americana. Il tredicenne Sasha sta per volare verso una nuova vita dall’altra parte del mondo, ma il suo cuore ancora si dirige verso qualcosa d’altro: un padre, una famiglia amorevole, un gruppo di amici che lo supportano. Girato con un approccio strettamente documentarista – non sorprende, visto il background del regista –, il film sfiora appena il complicato processo di adozione, ma, al contrario, mette in discussione dei temi intricati come quello legato alla terra natia, all’appartenenza e all’importanza delle radici di una persona.
L’energia del cortometraggio, la vicinanza impenitente col suo protagonista, il dolore del ragazzo e l’impotenza ricordano i primi film dei fratelli Dardenne. Zhurba lascia appena il tempo di respirare. Al contrario, non si tira indietro, quando si tratta di sfidare lo spettatore con le emozioni complesse di un teenager perso, conducendolo verso un finale molto emozionale.
Il cortometraggio semi-autobiografico after a room di Naomi Pacifique incatena letteralmente lo spettatore in una stanza con una giovane coppia, che esamina le conseguenze di un rapporto padre-figlia complesso, che forma l’attuale stato della protagonista. Il film è coraggioso.
La regista non solo recita sé stessa, ma lei e il fidanzato sono nudi per la quasi interezza del film. Ciò che segue è un ritratto intimo, quasi claustrofobico, ma profondamente onesto di una relazione e dei problemi interni di una giovane donna che tenta di trovare il suo posto nel mondo, volendosi liberare dalle proprie gabbie biografiche. La rappresentazione dei corpi, la leggerezza con cui i due interagiscono tra loro e la normalità del nudo fanno di questo corto una gemma. Pacifique ha precedentemente prodotto Filipiñana, amato al festival e vincitore dell’Orso d’Argento. Con questo corto ci regala certamente un assaggio di cosa aspettarci in futuro da questa talentosa cineasta.
Squish! non soltanto è il titolo dell’ultimo lavoro di Tulapop Saenjaroen ma anche una app di mediazione disegnata per aiutare chi soffre di depressione incoraggiando il movimento del corpo e della mente. “Non sono mai stata reale, ma esisto” è quello che Squish proclama proprio all’inizio. Cosa è reale e cosa non lo è non risulta ben chiaro, e neppure importa veramente. Le immagini colorate e le animazioni frizzanti non scoraggiano dagli spetti più seri del film: un discorso sulla depressione e la comprensione psicologica.
Con Squish!, Saenjaroen continua il suo approccio non convenzionale alla cinematografia come vista nei suoi precedenti lavori A Room with a Coconut View (2018) e People on Sunday (2020): apparentemente le immagini strambe mescolate a un tono serio. Il suo ultimo corto si focalizza sul mondo interiore di una società così abituata ad adoperare app e tecnologia da superare il dolore interiore, invece di confrontarsi sul serio con sentimenti veri. O, nelle parole del film stesso, Squish è davvero un "passato futuro imperfetto gerundio"!
Anne Gaschütz
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